Sport, Cenerentola delle elezioni

A parte qualche candidatura, più o meno di vetrina, lo sport, è il grande assente della campagna elettorale, nessuno se ne occupa, nessuno lo cita. Eppure sarebbe importante.

20/01/2013
Valentina Vezzali (Reuters)
Valentina Vezzali (Reuters)

Riusciranno tutti i nostri politici - escluso Berlusconi che però  usa solo il calcio e solo da milanista - a non emettere il monosillabo “sport” nella loro campagna elettorale?  Le premesse ci sono, pessime e abbondanti.  I due soli nomi importanti - sia pure per ragioni opposte – del mondo sportivo figuranti negli elenchi dei nuovi candidati sono quello di Valentina Vezzali, la schermitrice grandissima “scippata” per le liste da Monti a Berlusconi il quale forse la considerava sua dopo che, in un improvvido teledialogo, lei aveva detto all’allora premier che le sarebbe piaciuto farsi “toccare” (cioè colpire col fioretto, ha poi spiegato) da lui, e quello di Josefa Idem nel Pd, mentre è sfumata all'ultimo la presenza di Luciano Moggi - bastano le due parole, anzi basta il cognome - corteggiato da una lista di centrodestra, da cui si è però ritirato all'ultimo.


Lo sport che è per definizione quasi dogmatica oppio dei popoli ma anche strumento di sanità pubblica, che provoca interpellanze parlamentari se un calciatore emette uno starnuto di troppo, che ospita l’affarismo, la violenza, il razzismo, la truffa, dunque che è molto italiano anche se la sua genesi è inglese, viene trascurato da gente che pure, pur di acquisire un voto, promette felicità eterna e paradiso maomettano pieno di urì. Un bel mistero, in cui cercheremo di addentrarci fra poche righe. Ma prima segnaliamo un episodio personale indicativo. Dirigendo un quotidiano sportivo occorse, a chi scrive queste righe, di essere preavvisato dal solerte e anche intelligente capo ufficio-stampa del Coni: nel discorso per avere la fiducia, Andreotti avrebbe parlato anche di sport. Fu appena una frasetta generica, di impegno del suo Governo a sostenere l’atttività fisica degli italiani, foriera fra l’altro di salute buona e dunque di tagli alle spese sanitarie, ma sembrò tanta manna, e le venne dato un bel rilievo. 

In effetti l’unico discorso serio sullo sport da parte di un Governo italiano data al 1861, quando Francesco De Sanctis, grande studioso di letteratura, venne fatto ministro dell’istruzione nel governo di Cavour, il primo dell’Unità, e introdusse lo sport nella scuola, sotto forma di due orette settimanali di ginnastica (poi si disse: educazione fisica), eseguita fra i banchi delle aule. Da allora, ed è più di un secolo e mezzo,niente di sostanziale è stato deciso, anche se le palestre hanno sostituito (non sempre) le aule. E lo sport nella scuola, nato abbastanza pomposamente negli anni cinquanta ma presto spentosi, fu iniziativa del Coni, cioè del parastato costretto a fare le veci di un ministero mai davvero creato, nonostante qualche intestazione formale, in genere subordinando lo sport al turismo nella dizione del dicastero, anche quando ministro fu Franco Carraro a lungo presidente del Coni.

Josefa Idem (Ansa).
Josefa Idem (Ansa).

Eppure lo sport “rende” anche come immagine di chi se ne occupa, basti pensare alla guerra fra ricconi per le presidenze di società calcistiche. Eppure la partecipazione italiana ai Giochi è accompagnata sempre da ricevimento con auguri da parte del capo dello stato e del primo ministro, e il dopo Olimpiadi registra comunque i festeggiamenti  a Roma dei vincitori fatti cavalieri. E tutti ricordano Spadolini capo del governo prima e Pertini presidente della Repubblica poi al felice Mundial calcistico del 1982 in Spagna. E in Parlamento si tifa calcio, si fanno squadre di deputati per giocare a calcio, si fanno interpellanze parlamentari in caso di insuccessi pallonari vistosi. Però lo sport non appare mai fra i programmi elettorali, nelle graduatorie alte delle priorità vere del paese, nei diritti e nelle opportunità dei cittadini. Con lo sport ci si fa belli,ci si fa sanamente cattivi nel senso di critici, ma non si pensa di proporlo come qualcosa di imprescindibile nella vicenda civile di una nazione.

Mistero, sì. Ma cerchiamo un barlume di spiegazione. Lo sport è cosa assai seria, ma può diventare cosa frivola, soggetta ai capricci della sorte, del caso. Tutti di sport sanno molto, o fingono di sapere molto, ma si possono fare figuracce in sede di previsione, specie se si tratta di gioco. Lo sport è a priori semplice, chiaro, ma è difficile da capire bene, e quindi bene spiegare, sino in fondo. Lo sport dovrebbe essere allegro, divertente, comodo da maneggiare, ma spesso è sfogatoio di violenza, o è tragedia. Lo sport dovrebbe essere eguaglianza fatta carne di atleta, ma spesso sprigiona razzismo, becero e subito boomerang. Lo sport smuove le masse che in genere sono o troppo malleabili e quindi insidiose, o poco malleabili e quindi insidiosissime. Insomma, un po’ come la guerra che è una cosa troppo seria per farla fare ai militari, secondo una boutade forse non tutta giusta ma sicuramente applicabile a molti casi, lo sport è una cosa troppo seria perché se ne occupino i candidati politici, quelli che palleggiano con le frottole e le approssimazioni come un “misto” di Pelè, Maradona e Messi.                                                                  

Gian Paolo Ormezzano
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