26/06/2011
L'Hapoel Tel Aviv in Champions, in un momento di esultanza. Ma la festa pare proprio finita.
«Terremoto nel calcio: si sospetta che i risultati di alcune partite siano stati truccati e si temono infiltrazioni della criminalità organizzata, attratta dalle enormi somme che richiama il mondo delle scommesse. L'inchiesta della polizia ha investito per ora alcuni esponenti di una squadra di calcio di serie A, ma a quanto pare sarà estesa ad altre squadre e ad altri protagonisti».
Novità da Cremona e Napoli? No, non più di tanto. Solito tran tran di interrogatori (si fa per dire, ma ormai con l'aria che tira si giocano più partite in tribunale che allo stadio). E allora? Bufala? Neanche. Semplicemente lo stesso film girato da un'altra parte: nel campionato di calcio israeliano. Sono finiti in manette Gal Hatzor e Tomer Sinai, dirigenti dell'Hapoel Tel Aviv, non proprio l'ultima ruota del carro, una squadra da Champions League. Su di loro grava il sospetto di essersi prodigati in maneggi per aver arbitri accomodanti.
Anche questo sembra il remake di un film già visto sui nostri schermi appena cinque anni fa. Siamo già al sequel e chissà come e se andrà a finire. Verrebbe da dire "tutto il mondo è paese" se non fosse che un proverbio tira l'altro e da qui al mal comune mezzo gaudio il passo è breve. Ed è un rischio, quello del perdonismo per osmosi, che sarebbe meglio non correre. Soprattutto a casa nostra, dove si rischia già per tante altre ragioni pallonare e no una pericolosa assuefazione a faccendieri, maneggioni e professionisti del malaffare.
Certo fa quasi sorridere il paradosso che sia proprio l'Hapoel, squadra che nel nome ("Il lavoratore") fa riferimento alla tradizione socialista dei primi kibbutz e probabilmente alla nobiltà egalitaria dell'idea che di quella peculiare realtà israeliana era la base. Ma anche qui abbiamo dato prima noi e in peggio in altri ambiti: l'indagine "Infinito", condotta dalla direzione distrettuale antimafia di Milano in sinergia con Reggio Calabria ha portato alla luce una riunione in cui si eleggeva un boss della 'ndrangheta a Paderno Dugnano: accadeva in un centro intilato a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Si commenta, tutto, da sé.
Elisa Chiari