08/04/2013
Valentino Rossi sulla sua Yamaha. Si è piazzato secondo in Qatar, pima tappa del Motomondiale 2013 (Reuters).
Cercando personaggi italiani per lo sport italiano malaticcio di stranierite avevamo indicato, presentando la grande stagione del motociclismo, il 34enne Valentino Rossi come possibile uomo nuovo, dopo la sua sparizione dalle grandi scene, con l’ultima sua vittoria in un gran premio risalente al 2010.
Sul circuito del Qatar Rossi è arrivato secondo, dietro al campione mondiale in carica, Jorge Lorenzo, 26 anni, spagnolo di Maiorca, suo compagno di scuderia giapponese Yamaha. Lorenzo era partito in pole position, Rossi in terza fila con il settimo “crono”. Al netto di questo handicap, dovuto ad una sbagliata gestione del tempo restante per ultimare le prove ufficiali (handicap al via ridotto da splendida partenza che ha portato Valentino a essere terzo, ma poi riaccusato dopo un contatto con Pedrosa che ha voluto nuovamente dire il settimo posto), si può dire che Rossi ha eguagliato Lorenzo (all’arrivo 6 secondi il distacco). I due si stimano e si rispettano molto, anche se ognuno tira avanti con ingegneri e meccanici personali e con sponsor personalizzatissimi, Rossi assai più attore di Lorenzo nella pubblicità televisiva. Se fra i due scoppierà la grande rivalità, pensiamo che potrà addirittura essere stimolante, produttiva per entrambi.
La prossima prova, seconda di 18, sarà il 21 aprile in Texas. Si andrà avanti sino al 10 novembre per chiudere a Valencia quello che appare un campionato fra moto giapponesi e piloti spagnoli più Rossi.
In Qatar infatti terzo Marc Marquez e quarto Dani Pedrosa, iberici e tutti e due su Honda moto del Sol Levamte. Lingua ufficiale l’italiano,che gli spagnoli e anche alcuni giapponesi del settore tecnico parlano benissimo mentre Rossi simpaticamente lo inquina di dialetto marchigiano-romagnolo.
In ottimo italiano Marquez, che attesissimo esordiva con la moto Gp e che ha appena vent’anni, ha formalizzato da saggio enfant prodige l’annuncio ufficiale: Rossi è Rossi, Rossi è sempre lui. Nel finale gli ha dovuto cedere il secondo posto, dopo un ping pong di sorpassi al limite del rischio (loro) e della paura (noi).
C’erano per Rossi scetticismo più che attesa, curiosità sadica più che fiducia. Si aspettava un Rossi fuori dai grandi giochi e comunque non un Rossi forte come quando vinceva o arrivava secondo. Personalmente pensiamo di avere spartito, con i più, il timore del patetico, con il vecchio straricco campione che si aggrappa all’ultimo contratto motivato magari dal sapere che poi altro non ci sarà.
Invece Rossi ha messo in pista un se stesso campione sempreverde, pieno di bollori sacri, non un elefante sacro. Il tutto valido anche e soprattutto considerando che per due anni, lasciata la Yamaha a fine 2010, fra casualità di incidenti e normalità di anagrafe già pesante, Rossi si era distrutto i nervi per via dei problemi della Ducati italiana, troppo in fetta promossa sposa ideaele e nazionalpopolare del campione, per una figliazione patriottica di successi.
In altre parole: c’erano tutte le buone ragioni perché Valentino, tornato alla Yamaha, ulteriormente arricchito, assecondasse la sua età, greve per un certo sport d’élite, facendo il compare di Lorenzo, e niente di più anche perché niente di più poteva fare e dare. Avevamo preso tutte le sagge normali psicomisure per valutare la situazione anche sotto quest’ottica. Il fatto è che i fuoriclasse spesso non tollerano l’imposizione della logica, specie se pessimistica.
Per chiudere riproponiamo il tema del grande personaggio italiano - tema trattato approfittando del pronti-via di Rossi a lungo titolare del “ruolo”-, materiale umano di cui il nostro sport sembra in questi tempi difettare.
Il ciclismo ci ha offerto nel Giro delle Fiandre e sette giorni dopo nella Parigi-Roubaix il bis vittorioso di un pedalatore svizzero che si chiama Fabian Cancellara, ha 33 anni, moglie pettinatrice e due figlie, ha padre e nonno lucani emigrati nel cantone di Berna a fare camerieri, è sopravvissuto due stagioni fa a sospetti ridicoli su un motorino elettrico occultato nel telaio della sua bicicletta ed è in sella sempre più potente e sicuro, e vince aggredendo, e all’arrivo parla benissimo la nostra lingua. Tardi per naturalizzarlo…
Invece proprio italiano è Mario Balotelli, personaggio senza dubbio, calciatore di origini ghaniane ma nascita a Palermo e adozione e crescita a Brescia: in trasferta su treno a Firenze con il Milan è stato sorpreso dal controllore a fumare nella toilette, ed è stato multato, dal controllore e dal suo club.
Nervoso, in campo si è fatto ammonire e, già diffidato, non giocherà per squalifica contro il Napoli una partita importantissima. Insomma è sempre più nostro, nel male e nel bene, o se volete nel peggio e nel meglio.
Gian Paolo Ormezzano