15/10/2012
La coppia presidenziale. Stanotte round decisivo in Tv per Obama.
Alla vigilia del secondo dibattito fra Barack Obama e Mitt Romney la corsa è apertissima, e una delle poche certezze è che il voto femminile conta più che mai: votano più donne che uomini, e in una gara che si deciderà al fotofinish dieci milioni di voti fanno la differenza. Per questo né i repubblicani né i democratici possono fare a meno delle mogli dei candidati. Un sondaggio del Washington Post di questi giorni lo conferma: sia Michelle Obama che Ann Romney sono più popolari dei rispettivi dei mariti. Il gradimento per la First Lady è uno dei dati meno volatili di questa presidenza: 67%, dodici punti in più del marito. La bionda Ann, personaggio di secondo piano sino alla convention di fine agosto, oggi piace al 56% dell'elettorato, contro il 47% di Mitt (sì, la stessa percentuale di americani che Romney dava per "inconvincibili").
Le similitudini però, potrebbero finire qui. Ann e Michelle appartengono a due generazioni e a due Americhe molto diverse. Se Michelle racconta della macchina arrugginita da cui si vedeva scorrere l'asfalto, Ann è finita sui giornali quando il marito si è lasciato sfuggire che lei ha due Cadillac, o quando è volata a Londra per vedere gareggiare il suo cavallo da dressage alle Olimpiadi. Non proprio hobby proletari, insomma. Quando ha conosciuto il marito, Mitt era il figlio del governatore del Michigan, non un giovane avvocato sommerso dai debiti come Barack, ma i Romney stanno ben attenti a non parlare mai di ricchezza: nel linguaggio repubblicano è più elegante definirlo "successo". La retorica del sogno americano che si avvera, però, raccontato a ogni occasione sia da Michelle che dal marito si è un po' usurata, soprattutto perché riguarda più lei che il presidente. "Per aspera ad astra" descrive meglio il suo percorso: è lei ad essere cresciuta in uno dei quartieri più poveri e pericolosi di Chicago, lei ad essere nata in una famiglia operaia per cui studiare a Princeton e poi ad Harvard era come pensare di andare sulla luna.
Ann Romney non è un'icona altrettanto universale, e per molto tempo ha preferito rimanere nell'ombra. Dopo la prima campagna elettorale in Massachussetts, nel 2003, disse: "non potreste pagarmi abbastanza per ripetere quest'esperienza". Eppure eccola lì a percorrere la maratona di comizi, convention, cene e raccolte fondi ancora una, due, tre, quattro volte. E forse è questa l'essenza del suo ruolo: la moglie presente che sostiene il marito. Anche nelle sue apparizioni pubbliche si ritaglia il ruolo di casalinga e madre: pochi giorni fa, ospite di "Goodmorning America", contenitore mattutino della rete ABC, si è messa ai fornelli per preparare dei dolci, e nel suo discorso alla Convention ha parlato non delle donne in generale, ma delle madri: "sono loro a tenere insieme questo paese, sono la parte migliore dell'America".
Anche Michelle non fa che ripetere che il suo ruolo più importante è quello di "mom-in-chief", ma per lei il privato è pubblico: quando parla della quotidianità con il marito non rinuncia mai a lanciare un messaggio "politico". Impegnata da anni nella crociata salutista (in un Paese in cui l'obesità è un'epidemia, ridurre la spesa del sistema sanitario è un obiettivo importante) alla rivista-bibbia delle casalinghe "Good housekeeping" ha raccontato di come lei e Barack ogni mattina facciano palestra insieme, e ha pubblicato un libro su come coltivare un orto in giardino. E per quanto sostenga di non andare quasi mai nella West Wing, l'ala della Casa Bianca dedicata agli uffici, qualunque cronista di Washington sa quanto pesi la sua opinione nello Studio Ovale. Molti sostengono che dietro il rimpasto di gabinetto (e la rimozione di Rahm Emmanuel da chief of staff a sindaco di Chicago) ci sia proprio lei. Il tempo della first lady che presenzia soltanto ai pranzi di beneficenza, insomma, è finito. Avvisate Ann Romney.
Claudia Andreozzi