Elezioni Usa, che dispettoso uragano

La tempesta "Isaac" gioca un brutto tiro ai Repubblicani, nel giorno della nomination alle Presidenziali. Ma è New Orleans a subire il colpo più duro, a 7 anni dalla furia di Katrina.

30/08/2012
Un abitante di New Orleans affronta Isaac (foto Reuters)
Un abitante di New Orleans affronta Isaac (foto Reuters)

Mai come in questi giorni l’espressione “scherzi della natura” fu piu’ appropriata. Anzi nel caso del partito Repubblicano si puo’ parlare addirittura di dispetti. Per la seconda volta consecutiva il Grand Old Party (o GOP), come lo chiamano qui, ha dovuto riadattare una convention – il congresso plenario in cui ufficialmente si nomina il proprio candidato presidenziale – a causa di un uragano.

E non un uragano qualunque, ma un uragano che per la seconda volta consecutiva (la prima fu nel 2008) colpisce proprio durante il primo dei quattro giorni di lavori sempre la stessa citta’, New Orleans, sempre lo stesso giorno, il 29 agosto, anniversario (altra grottesca coincidenza) dell’uragano Katrina, uno dei piu’ devastanti (di sicuro il piu’ costoso) della storia americana che sette anni fa inondo’ completamente la metropoli sul Delta del Mississippi causando 1,836 morti e 81 miliardi di dollari di danni.

 foto Reuters
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A quelli economici si sommarono quelli politici, ancora non del tutto riparati per i Repubblicani: in quell’occasione l’amministrazione Bush reagi’ in modo lento e inefficiente, sottovalutando i potenziali rischi, prima, e pasticciando l’intervento, poi, a causa dell’ inadeguatezza cronica - emersa drammaticamente dal pantano di New Orleans - del FEMA, l’ente federale preposto alle emergenze di quel tipo. Cosi’, quelle immagini di poveracci assiepati nel palazzetto dello sport e arrampicati sui tetti in attesa di aiuti che non arrivavano, diventarono, nel mondo, il simbolo di un vergognoso flop americano e negli USA – anche perche’ abilmente amplificate dagli avversari politici interni – l‘emblema di un fondamentale disinteresse per i poveri e gli svantaggiati (presunto o reale non sta a noi stabilirlo)di cui i repubblicani sono da sempre accusati. Si’ perche’ dato che New Orleans e zone limitrofe soffrono il piu’ alto tasso di poverta’ dell’unione molti di quei “poveracci” erano tali anche prima che iniziasse a piovere.

New Orleans, ancora una volta flagellata dall'uragano  (foto Reuters)
New Orleans, ancora una volta flagellata dall'uragano (foto Reuters)

Dunque, quando 4 anni fa l’uragano Gustav minacciava di nuovo New Orleans, proprio nell’anniversario di Katrina, che coincideva con il primo giorno della convention di St Paul, in Minnesota, ai Repubblicani, capitanati allora dal senatore John Mc Cain, tremarono i polsi. L’ultima cosa di cui avevano bisogno in una campagna elettorale alla rincorsa (Obama, lo ricordiamo nel 2008 fu sempre avanti nei sondaggi) e con tutte le telecamere del mondo puntate su di loro, era una coincidenza che ricordasse le inefficienze del presidente in carica George W Bush, e un'altra massa di poveracci alluvionati in televisione mentre loro festeggiavano tra i palloncini nelle asciutte praterie del Minnesota.

 foto Reuters
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Molti giornalisti, americani e stranieri, reduci dalla convention democratica la settimana precedente a Denver cambiarono i piani all’ultimo momento e scelsero di andare a New Orleans. A quel punto la vera notizia era li’. Poi fortunatamente non successe nulla, l’uragano si rivelo’ piu’ blando del previsto e New Orleans se la scampo’ quasi senza vittime e con danni classificabili – visti i precedenti – come ordinaria amministrazione. I danni politici, pero’, ci furono eccome. Il primo giorno di convention, e in parte anche il secondo, si svolsero decisamente in tono minore, con gli occhi e i discorsi rivolti verso il golfo del Messico, quando invece dopo l’exploit di Obama - nella sua di convention culminata col famoso discorso allo stadio - il GOP aveva un tremendo bisogno di carica positiva. Cosi’ l’uragano (reale o percepito che fosse) contribui’ ad affievolire anche quel po’ di entusiasmo che suscito’ nel partito la nomina a vice, appena annunciata, di Sara Palin.

La fortuna e’ cieca si dice ma la malasorte (per non dir peggio) ci vede benissimo. Per quanto, infatti, convention e uragani accadono nella stessa stagione e New Orleans – costruita oltretutto sotto il livello del mare - si trovi esattamente sulla strada di questi mostri meteorologici, di malasorte davvero si tratta. Si’ perche’ esattamente quattro anni dopo la storia si sta ripetendo, addirittura con qualche aggravante in piu’.

 foto Reuters
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Di fatto Isaac (stavolta la maledizione Repubblicana si chiama cosi’) non solo e’ piu’ potente di Gustav ma anche piu’ lento, e minaccia di restare su New Orleans, ed altre zone densamente abitate di Lousiana e Mississippi, per tutta la durata, o quasi, del convegno, a scaricare pioggia (in certe zone si prevedono precipitazioni totali che raggiungono il mezzo metro) su laghi fiumi e paludi tenuti a bada da argini, in parte ricostruiti dopo Katrina, in parte no. Uno di questi ultimi, nella contea di Plaquemines, immediatamente a sud di New Orleans, sembra abbia gia’ ceduto e, con il Mississippi che in queste ore scorre al contrario, altri potrebbero fare la stessa fine. In piu’, quest’anno la convention si svolge a Tampa, citta’ della Florida occidentale che si affaccia sul golfo del Messico, come New Orleans, dunque a rischio fino a qualche giorno fa di trovarsi essa stessa sulla strada di Isaac.

Mitt Romney in areoporto: sa cosa lo aspetta?  (foto Reuters)
Mitt Romney in areoporto: sa cosa lo aspetta? (foto Reuters)

In realta’ poi l’uragano l’ha solo lambita ma, nel dubbio, i repubblicani di Mitt Romney avevano gia’ deciso di cancellare completamente il primo giorno di lavori. Eccesso di prudenza o decisione saggia? Non sta a noi stabilrlo: di sicuro, e tanto per cominciare, un incubo organizzativo visto che in tre giorni si sono dovute compattare le attivita’ previste per quattro, cosa non facile da comunicare e mettere in pratica con 50,000 tra delegati visitatori e giornalisti presenti sul posto. Ma il danno maggiore, di nuovo, e’ il fatto che l’attenzione dei media e degli americani in generale viene distolta da quello che per il partito e’ la “vetrina” per eccellenza, l’occasione per presentare candidati locali e programmi politici nella miglior luce possibile e soprattutto “vendere” il candidato a presidente anche a chi non ha ancora deciso se votarlo o meno.

Durante questa quattro giorni (anzi tre in questo caso) di spot elettorali continui e gratuiti, famosi mezzobusti e fior di analisti politici sono impegnati – in impermeabile e calosce - nel condurre dirette fiume, dallo scarso valore informativo in verita’ ma che agli americani piacciono tanto. Mentre nel palazzo dello sport di Tampa, dove i comizi rischiano di diventare la seconda notizia del tg, tutto si svolge con il timore di rivedere da un momento all’altro l’ultima cosa di cui adesso ha bisogno il candidato Repubblicano Romney – accusato anche lui, con “l’aggravante” del conto in banca miliardario, di essere distante dalla gente comune: un'altra massa di poveracci, alluvionati, in TV.

Stefano Salimbeni
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