23/10/2012
Mitt e Ann Romney (Reuters).
"Avremo anche meno navi del 1916, ma abbiamo anche meno cavalli
e meno baionette. Il nostro esercito è cambiato: abbiamo queste cose
chiamate portaerei e delle navi che vanno sott'acqua, i sottomarini
nucleari". Con una battuta che sembra fatta apposta per diventare
un trend su Twitter, Barack Obama si è aggiudicato il terzo e ultimo
dibattito: è come se avesse detto, a Romney e a tutta l'America: lei non sa di cosa di parla.
Per Obama si tratta di un doppio risultato: forma e sostanza. Non
solo è riuscito a esprimersi meglio, ma al netto di qualche critica
ha incassato l'appoggio di Romney su buona parte delle proprie scelte
in politica estera: sanzioni all'Iran, sostegno ai ribelli siriani senza
però regalare armi che potrebbero essere usate contro Israele, intenzione
di mantenere la Cina come partner commerciale. E dovendo scegliere,
l'elettore preferisce quasi sempre l'originale.
Per il presidente però, la vittoria dell'ultimo confronto conta molto
meno di quanto avrebbe significato per il candidato repubblicano: da
comandante in capo, è scontato, anzi, dovuto che sia più esperto in
politica estera. Se Romney se la fosse cavata meglio, avrebbe improvvisamente
acquisito quell'aura di competenza e rispettabilità che solo quattro
anni a capo del più grande esercito del mondo possono dare.
Non che Romney fosse del tutto impreparato. Nell'ultimo mese si è
incontrato spesso con i suoi consiglieri di politica estera, ma quello
che ne viene fuori, ancora una volta, è un riposizionamento su vedute
più moderate: le differenze che saltano agli occhi sono quelle con
gli anni di George W. Bush. Ha cominciato congratulandosi con Obama
per la fine di Bin Laden, togliendogli la possibilità di appuntarsi
sul petto la medaglia più importante, ma appena il dibattito si è
spostato sulla Libia Obama ha rivendicato l'aiuto americano ai ribelli
nella caduta di Gheddafi, "l'uomo che aveva più sangue americano
sulle mani dopo Osama bin Laden".
Sia per Obama che per Romney, la stabilità del Medio Oriente passa
attraverso lo sviluppo di una società democratica: ma mentre l'ex governatore
del Massacchussetts ha richiamato valori come la libertà di impresa
- prima ancora di quella di espressione - Obama ha ripetuto due volte
di quanto sia fondamentale la condizione della donna nei paesi arabi.
Una strizzatina d'occhio all'elettorato femminile che, stando ai sondaggi,
è quello che farà la differenza il sei novembre.
L'Europa non viene praticamente mai nominata: solo nella sua dichiarazione
conclusiva Romney fa un cenno alla Grecia per dire che con la strada
di Obama porta in quella direzione.
Resta da vedere quanti voti si siano spostati ieri sera: paradossalmente,
i successi di Obama rendono meno rilevante tutto il dibattito. Senza
un nemico o una minaccia evidente, la politica estera non scalda più
i cuori. Romney lo sa bene e per questo ha provato più volte a dirottare
il discorso sull'economia, sui posti di lavoro che mancano, sulle imprese
che preferiscono investire all'estero, sul debito pubblico.
E di sicuro non ha sbagliato: quando andranno a votare, è a questo
che penseranno gli americani. Non ai droni sopra Bengasi o alle centrifughe
nucleari di Ahmadinejad.
Claudia Andreozzi