13/10/2012
I vicepresidenti Joe Biden (destra) e Paul Ryan durante il dibattito televisivo (Ansa).
In America si dice, giustamente, che i
dibattiti tra vicepresidenti contino poco. Eppure, lo scorso giovedì
sera la sensazione era che stavolta, forse, lo scontro televisivo tra
il senatore democratico Joe Biden (vice in carica) e il deputato repubblicano Paul Ryan (aspirante vice) contasse un po' più del
solito.
Biden doveva "vendicare" il suo
capo, il presidente Barack Obama, vittima, una settimana prima, di
una performance opaca, sottotono, al punto da impedire anche agli
analisti più di parte di dire il contrario, e soprattutto di
riaprire, almeno nei sondaggi, una corsa alla Casa Bianca che
sembrava già chiusa.
Dopo il flop di Denver, infatti, lo
sfidante repubblicano Mitt Romney, che al contrario aveva dato il
meglio di sé, è addirittura balzato in testa – anche se di
misura – nel dato nazionale. Poco importa che, come dimostrato nei
vari "processi del lunedì" post-dibattito, qualche fatto se lo
sia inventato, che a certe affermazioni usate alle primarie per
assicurarsi la base conservatrice abbia rifatto il trucco, e che alle
cifre abbia aggiunto uno zero o tolto una virgola qua e là. Il 70% è
come appari, il 20% come lo dici e il 10% cosa dici, ripete il
comico inglese Eddie Izzard nei suoi irresistibili monologhi.
Purtroppo, nei dibattiti c'è da constatare che non si allontana
molto dal vero.
Altrimenti non si spiegherebbe perché è bastata un'ora e mezza di Obama "remissivo e demotivato" (
due degli aggettivi più gettonati) per far tornare sostanzialmente
in parità le intenzioni di voto degli americani.
Non solo a
livello nazionale, ma anche nei cosiddetti "swing States", gli
stati indecisi. Ed è da come voteranno questi Stati che dipenderà
il prossimo "nome sul campanello" della Casa Bianca.
Il conto dei singoli voti, infatti,
avviene all’interno di ogni Stato, e al candidato che ottiene la
maggioranza si assegna un valore – un punteggio – più o meno
alto a seconda della popolazione. Ovviamente i più grandi e
popolosi "pesano" di più: la California, ad esempio, vale 55,
il Texas, 39, lo Stato di New York 29 e così via. Per vincere ne
servono 270 (ovvero la meta’ +1 dei 539 "punti", o voti
elettorali per chiamarli come si deve) totali.
Il presidente Barack Obama (Ansa).
Secondo la media dei sondaggi fatta
oggi dal New York Times Obama ne prenderà 237 (tra cui 185 sicuri
e 52 probabili) mentre Romney solo 191 (158 sicuri e 33 probabili).
Ne rimangono 110 ripartiti tra 9 Stati "swing" o indecisi. Tra questi c'è la Florida (29 voti
elettorali) - quelli che nel 2000 costarono l'elezione ad Al Gore, l’Ohio (18), e la Virgina (13).
Ed è agli elettori indecisi di
quegli Stati indecisi che si rivolgono i candidati nei dibattiti,
perché così a ridosso delle elezioni gli "zoccoli duri" e’
difficile che cambino idea a meno di gravi crisi interne o
internazionali o di grosse gaffe.
Giovedì sera Biden e Ryan di
indecisi non ne hanno convinti granché. Il vicepresidente in
carica – uomo del popolo che al popolo piace - col suo
atteggiamento a tratti un po' "da bar", ha tenuto testa allo
sfidante incalzandolo su fatti, cifre e programmi non sempre
chiarissimi da parte repubblicana, e soprattutto senza gaffe – per
le quali è noto da sempre. Ma quando la parola passava a Ryan, con
un dannoso eccesso di sicurezza (forse lo stesso che ha intorpidito
Obama sul podio di Denver) o lo interrompeva o sembrava quasi
ridergli in faccia.
Ryan dal canto suo, quasi trent’anni in meno,
ha tenuto il campo sciorinando analisi geopolitiche e, soprattutto
quei brutti numeri sull'economia (tra cui una disoccupazione scesa
solo oggi, dopo quattro anni, sotto l’8%) che screditano
automaticamente - a prescindere dai colpevoli – qualsiasi
presidente in carica.
Un pareggio,
insomma, che non sposta i sondaggi e rimanda ai prossimi due
dibattiti presidenziali: il prossimo, martedì 16. C'è chi ha
detto che – visto che il primo non se lo ricorda nessuno - Obama
abbia scelto di frenare i colpi per sfoderare le armi più
taglienti alla fine. Vedremo.
Stefano Salimbeni