Greenpeace alle sfilate di Milano

Durante la settimana della moda a Milano l’etica e l’ambiente hanno fatto irruzione sulle passerelle. In accordo con la Camera nazionale del settore la "sfilata" di Greenpeace.

25/02/2013
Una modella sfila in verticale, tenuta da cavi, sulla parete del Castello Sforzesco a Milano,
Una modella sfila in verticale, tenuta da cavi, sulla parete del Castello Sforzesco a Milano,

La settimana della moda donna è in pieno svolgimento a Milano e mai come questa volta l’etica e l’ambiente hanno fatto irruzione sulle passerelle. Anticipando di un’ora il primo evento dell’attesa rassegna, mercoledì scorso gli attivisti di Greenpeace hanno organizzato un’acrobatica sfilata verticale sul Castello Sforzesco.

Un “green carpet” lungo 12 metri che replica il guanto di sfida lanciato dalla campagna “Fashion Duel” al mondo dell’alta moda, per lanciare forte e chiaro un messaggio a tutti gli stilisti italiani.  Sul “green carpet” una modella-climber specializzata in danza acrobatica ha sfilato con passo deciso in verticale rivoluzionando il concetto di passerella (vedi anche l'articolo dedicato da Famiglia Cristiana sul numero 9/13, nel servizio di moda dedicato alla Gucci "In passerella sfila il rispetto", ndr).  

Il presidente della Camera nazionale della Moda Italiana Mario Boselli, che ha presentato qualche mese fa il Manifesto della Sostenibilità, si è detto immediatamente disponibile a raccogliere l'invito al confronto con Greenpeace,
anche se non tutte le case di moda rappresentate da quest’organismo la pensano allo stesso modo.

Al momento Valentino Fashion Group è l'unico marchio che si è impegnato a raggiungere gli ambiziosi obiettivi Deforestazione Zero e Scarichi Zero nella propria produzione, come chiesto dall’associazione ambientalista con la campagna "The Fashion Duel".  

Quindici le case di moda, undici italiane e quattro francesi, che sono state classificate (www.thefashionduel.com) in base alla trasparenza delle loro filiere produttive, alle politiche ambientali in atto e alla disponibilità a un impegno concreto.   "Abbiamo chiesto all'Alta moda di garantirci dei meccanismi virtuosi che impediscano a fenomeni come la distruzione delle ultime foreste del Pianeta e l'inquinamento delle risorse idriche globali di contaminare i nostri vestiti - afferma Chiara Campione, responsabile della campagna The Fashion Duel - Alcune aziende rimangono sorde alle richieste di migliaia di persone eppure la moda è troppo bella per costare qualcosa al nostro pianeta".

Jeans, la rivoluzione è partita

Che la moda possa cambiare direzione lo dimostra quanto è già avvenuto nel settore del denim. Sono quasi 2 miliardi i jeans venduti ogni anno nel mondo.  I trattamenti necessari per ottenere gli effetti "invecchiati" hanno sempre comportato l'utilizzo di sostanze dannose per l'ambiente e spesso per i lavoratori, ma oggi non è più così. 

La sabbiatura nociva per via della quantità di silice che si disperde nell'aria durante la lavorazione, e per questo proibita in Italia, l'utilizzo del permanganato di potassio, gli enormi sprechi di acqua sono solo un ricordo. La ricerca tecnologica fa sì che oggi grazie a un laser si riesca a rimuovere l'indaco attraverso un raggio che può variare la sua potenza in watt, così da creare sfumature, o anche la tecnologia ozono.

Queste modalità permettono, secondo i tecnici, di ridurre il consumo di prodotti chimici del 35% circa, del 70% l'energia impiegata e il 60% di acqua. 

Esistono poi altre tecniche prese in prestito dal mondo alimentare in cui la sabbia viene sostituita dal ghiaccio secco.

La Turchia, tra i maggiori esportatori al mondo e al centro di molte polemiche per via della sabbiatura, ha imposto restrizioni e controlli, ma organizzazioni come abitipuliti.org continuano a tenere alta la guardia in tutto il mondo.   





I passi da fare sono ancora tanti e riguardano l’uso di sostanze tossiche nei processi produttivi dei vestiti, che portano spesso all’inquinamento dei fiumi in paesi come Turchia, Cina e Messico. Levi's è stato uno dei primi 17 marchi ad aderire alla campagna Detox di Greenpeace, promettendo di eliminare completamente delle sostanze tossiche, i Pfc (composti perfluorinati), entro il 2015.

Hanno seguito poi aziende come Zara, Mango, H&M, Victoria's Secret e Benetton.

La novità della campagna "The Fashion Duel" è che si chiede di ripulire l’intera filiera, iniziando  dalla provenienza della pelle e dalla cellulosa che non devono contribuire alla deforestazione.  

Alla Settimana della Moda di Milano, la battaglia è iniziata giorni fa con i “clean graffiti” di Greenpeace che, rimuovendo lo sporco dalle superfici, creano immagini e messaggi temporanei su strade e marciapiedi.

Felice D'Agostini
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