Bambini innocenti e condannati

Che le carceri italiane non siano adeguate è un dato assodato: ma a farne le spese sono anche i figli dei detenuti impossibilitati a mantenere il legame affettivo

27/11/2012
Stefano Bollani con Irene Grandi © Cicardini
Stefano Bollani con Irene Grandi © Cicardini

Irene Grandi e Stefano Bollani stanno girando l'Italia con il tour seguito al lancio dell'album "Irene Grandi & Stefano Bollani": martedì 18 dicembre saranno a Milano e non sarà una tappa come le altre. Tutti i fans presenti, infatti, si renderanno indirettamente protagonisti di un gesto di solidarietà nei confronti della onlus Bambinisenzasbarre, a cui verranno interamente destinati i proventi dell'esibizione. Presente in Italia da 10 anni e membro della direzione della rete europea "Eurochips", l'associazione è impegnata nella cura delle relazioni familiari durante la detenzione di uno o entrambi i genitori, nella tutela del diritto del bambino alla continuità del legame affettivo e nella sensibilizzazione della rete istituzionale di riferimento e della società civile. Attiva su tutto il territorio nazionale con progetti di sostegno alla genitorialità, a Milano è presente nelle tre carceri di San Vittore, Bollate e Opera dove promuove il modello di accoglienza "Spazio Giallo", il luogo deputato ad accogliere all'interno del carcere i bambini che si preparano al colloquio con il genitore detenuto. Il concerto milanese di Irene Grandi e Stefano Bollani è significativo, al di là degli introiti della serata, anche perché consente di dare risalto alla campagna di sensibilizzazione lanciata da Bambinisenzasbarre il cui spirito è perfettamente incarnato dallo slogan "Non un mio crimine, ma una mia condanna". Dell'emergenza delle carceri ha recentemente e in modo dettagliato informato l'associazione Antigone: quello dei bambini a cui viene sottratta l'opportunità di mantenere un rapporto affettivo con il genitore detenuto è il classico "danno collaterale" di un sistema che fa acqua da tutte le parti con ricadute negative sugli attori in campo.

Sono almeno 100mila i bambini che vivono quotidianamente sulle proprie spalle lo stress e l'angoscia di questa situazione entrando nelle 213 carceri italiane per il "tradizionale" colloquio con mamma o papà: sono in pochi a preoccuparsene, e in questo Bambinisenzasbarre fa eccezione, ma questi minori sono le vittime più facili per fenomeni di discriminazione ed esclusione sociale. Proprio loro, ed è un paradosso, dato che avrebbero ancora maggior bisogno di inclusione, di essere parte, di sentirsi accolti. «“Non un mio crimine, ma una mia condanna” poche parole per descrivere la condizione di discriminazione e di emarginazione sociale subita dai figli a causa della detenzione del genitore, e il senso di disorientamento, disagio e paura che provano i bambini ogniqualvolta varcano il portone d'ingresso del carcere - così ha esordito Lia Sacerdote, presidente di Bambinisenzasbarre nel presentare la campagna on air a partire dal mese di dicembre. – Un fenomeno sconosciuto e dimenticato, che coinvolge il minore sul piano emotivo, sociale e, spesso, economico; che lo rende vulnerabile e esposto a rischi psico-socio-affettivi che richiedono attenzione e cura senza per questo essere stigmatizzato». La condizione di emergenza in cui versano le carceri italiane non fa altro che acuire il dramma: sono ancora molti, troppi, gli istituti penitenziari che, schiacciati da sovraffollamento e precarietà non sono in grado di mettere a disposizione di questi figli spazi e tempi di colloquio idonei a consentire il mantenimento del legame affettivo. Una caduta del legame che mette a rischio il riconoscimento stesso della figura genitoriale.

Alberto Picci
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