30/05/2012
Per la maggior parte dei ragazzi italiani diventare
maggiorenni è un traguardo atteso con impazienza: significa, per esempio, poter
prendere la patente, avere il diritto di voto e, per chi la frequenterà,
scegliere la facoltà da seguire all'università. Oltre a questi aspetti tecnici,
però, le loro vite proseguiranno, bene o male, sugli stessi binari su cui erano
incanalate fino al giorno prima.
Il percorso cambia radicalmente per i loro coetanei
stranieri, entrati in Italia qualche anno prima, legalmente o clandestinamente
fa poca differenza, con lo status di minori non accompagnati: il nostro Paese
ha l'obbligo di prendersi cura della loro salute e della loro istruzione
mettendo a disposizione tutti gli strumenti in vista di un completo processo di
maturazione fino al compimento dei diciottesimo anno di età. E poi?
Già, è a questo punto che la situazione si complica
terribilmente. La lontananza delle famiglie d'origine, la difficoltà di trovare
la propria strada, il rischio di entrare in brutti giri di certo non aiutano
ragazzi già segnati da un esilio spesso forzato, iniziato con viaggi che, come
testimoniano i barconi che puntualmente sbarcano sulle coste italiane, in molti
casi sono di per se stessi traumatici. Il convegno "I Msna (minori
stranieri non accompagnati) diventano maggiorenni: buone prassi tra accoglienza
e integrazione", promosso dal Difensore civico della regione Emilia
Romagna, Daniele Lugli, ha provato a fare il punto per individuare criticità e
punti di forza dei percorsi che vedono come protagonisti proprio i minori
stranieri non accompagnati: è stato dunque il momento culminante di due anni di
ricerche affidate alla professoressa Paola Bastianoni dell'Università di
Ferrara che hanno visto alternarsi interviste di gruppo e colloqui individuali
sia ai ragazzi sia agli operatori dei servizi sociosanitari, agli educatori
delle comunità, ai responsabili della formazione per avere un quadro completo
di tutti gli attori in gioco.
Due i primi elementi emersi con chiarezza dall'indagine: da
una parte le difficoltà costanti di creare terreni comuni per favorire
l'integrazione di e tra giovani provenienti da esperienze familiari, culturali
e sociali profondamente differenti si uniscono alla delusione, accentuata negli
ultimi due anni rispetto al passato, tra ciò che si aspettavano dalla loro
nuova vita italiana e quella che invece hanno dovuto affrontare. Dall'altra, in
compenso, vanno riconosciute a questi ragazzi una straordinaria capacità di
trasformare le avversità in energia positiva unita a doti di pianificazione e
tenacia in misura senz'altro superiore a quella dei loro "colleghi"
italiani. Il territorio dell'Emilia Romagna da qualche anno è diventato un
modello per tutto che concerne l'accompagnamento dei minori stranieri non
accompagnati in un percorso che guarda con lungimiranza anche l'emergenza del
momento inserendoli in progetti di vita che consentano loro di avere le spalle
coperte anche al compimento del fatidico diciottesimo anno d'età.
Nella parte del convegno più istituzionale all’Università di
Bologna, Silvia Villani del Comune di Parma, ha centrato il proprio intervento
sulla necessità di svolgere attività peculiari che coinvolgano direttamente
quelle famiglie di stranieri, spesso parenti e amici, verso le quali
"naturalmente" si spingono i msna quando arrivano in Italia: a loro
si chiede, attraverso l'intervento dei mediatori culturali, una maggiore presa
di coscienza dell'importanza dei processi affidatari. Giancarlo Rigon,
specialista in psichiatria e neuropsichiatria infantile, ha raccontato la sua
lunga esperienza al fianco dei minori stranieri dei quali ha avuto modo di
cogliere sia l'aspetto più emozionale, sottolineando la necessità di sostenerli
e ascoltarli, sia quello più legato alla sfera del riconoscimento
dell'autorevolezza di chi dà loro delle regole, nel convincimento che anche le
norme siano utili a favorire l'integrazione. Carlo Caleffi, coordinatore e
tutor del centro di formazione professionale Cnos di Castel de' Britti, ha
portato l'attenzione sull'esigenza di cambiare approccio nel giudicare il
successo del percorso formativo di un ragazzo che deve necessariamente essere,
prima di tutto, un successo educativo. Infine, nella parte più informale
dell'incontro, Giovanni Mengoli, della cooperativa Elios-Gruppo Ceis, ha dato
il suo contributo in termini di esperienza testata sul campo con progetti
sperimentali che stanno dando risultati confortanti come l'affitto calmierato,
mentre Fabrizio Pederzini e Gilda Ciaccio, hanno raccontato quanto possa essere
utile la figura dell'intermediario sociale che può rappresentare un punto di
riferimento stabile anche dopo che i ragazzi lasciano la comunità perché
maggiorenni.
Alberto Picci