Africa, meno aiuti più sviluppo

Dal Movimento Shalom una proposta originale: mettere in rete le risorse dei diversi Paesi. L'adozione a distanza e la presenza nelle diocesi.

25/01/2013
Don Andrea Cristiani (foto R. Gobbo).
Don Andrea Cristiani (foto R. Gobbo).

E' venuto il momento che la goccia diventi mare. Per dare un'accelerata allo sviluppo del continente africano servono gli “Stati Uniti d'Africa”, cioè una maggiore interrelazione economica tra i Paesi. Non più, quindi, progetti-spot di microcredito e microfinanza, ma una vera, importante filiera produttivo-commerciale, dove ogni Paese metta in “rete” ciò che ha da offrire: pesce secco in Senegal, burro di karitè in Burkina Faso, cotone in Togo, caffè in Angola...

Non solo il settore agricolo, ma anche quello alimentare, la pesca, l'artigianato... L'obiettivo è alto, ma sicuramente appetibile, visto che i delegati di undici Paesi sono convenuti a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, al congresso interafricano L'Africa sviluppa l'Africa, organizzato dal Movimento Shalom di San Miniato (Pisa), sodalizio che promuove la cultura della pace, la giustizia e i diritti umani.

“Il congresso", spiega il fondatore e anima di Shalom, don Andrea Cristiani, "vuole ragionare e pensare all'Africa non tanto in termini di semplice solidarietà, ma come opportunità di sviluppo equo e sostenibile per tutti, poiché nel continente africano ci sono risorse umane, minerarie, agricole ed energetiche”. Che fino ad oggi sono servite più ad arricchire l'Occidente. “Per questo, l'azione in favore degli ultimi perpetrata dal nostro Movimento non prescinde mai dalla conoscenza delle cause di una determinata situazione e dalla denuncia delle responsabilità”.

“Formazione e lavoro” sono da sempre le parole d'ordine del Movimento Shalom, perché “solo offrendo opportunità si può rispondere ai bisogni della persona e delle famiglie”. Poiché il contesto africano è particolarmente adatto al sistema cooperativo, al congresso hanno partecipato anche una delegazione di Unicoop Firenze e Unicoop Tirreno, che hanno portato testimonianza della loro attività. “Serve una visione nuova della cooperazione, che passi attraverso la sostenibilità di attività in loco. Questo anche per frenare l'emigrazione. Il nostro progetto metterà in moto enormi opportunità sul piano lavorativo", continua don Andrea: "I giovani non dovranno più essere costretti a espatriare e tanto meno dipendere dell'elemosina dei ricchi. Tendere la mano offende e abitua l'uomo all'assistenzialismo e quindi nuoce alle popolazioni. Da quando Shalom è nato, 37 anni fa, ho incontrato migliaia di giovani africani, ma mai nessuno mi ha chiesto di aiutarlo a venire in Italia, perché ognuno sta bene a casa sua”.

In Burkina Faso il Movimento è presente da 25 anni e quindi è ben radicato nel tessuto sociale, tanto che praticamente ogni diocesi può vantare un'esperienza Shalom. Proprio l'approfondita conoscenza del Paese ha fatto sì che venisse scelto come sede del congresso che, all'inaugurazione, ha visto in prima fila le più alte autorità dello Stato e tutte le componenti religiose e tradizionali. “Questo – riprende il fondatore – evidenzia che i Paesi africani vogliono lavorare insieme, ma a noi non basta, vogliamo che la società civile sia valorizzata. Spesso c'è uno scollamento fra la governance e la popolazione. Invece, bisogna far dialogare le due componenti, affinché la prima possa rispondere meglio alle richieste dell'altra. In questo senso, il nostro vuole essere un congresso di congiunzione: le aspirazioni del governo devono corrispondere ai bisogni della gente”.   Ma lo sviluppo dell'Africa dipende molto dalla stabilità. Molti Paesi vivono ancora conflitti di natura economica, etnica, religiosa... “Come ha sottolineato anche il nunzio apostolico, monsignor Vito Rallo, la presenza al congresso di una delegazione musulmana senegalese è stata fondamentale per dare un bel messaggio di pace in un momento di così forte tensione”.  

Allargare la fascia di chi sta meglio significa anche promuovere solidarietà verso chi sta peggio. “Non più solo adozioni a distanza (il Movimento Shalom ha superato le 9.000), ma adozioni ravvicinate”, le chiama don Andrea. Ovvero africani che, appena riescono ad avere un lavoro e migliorare le proprie condizioni di vita, si offrono per sostenere i bambini di famiglie meno fortunate. Il Burkina Faso è classificato il Paese più povero del mondo, ma proprio i burkinabè hanno abbracciato questa sfida, rendendosi disponibili a contribuire al sostentamento dei figli di famiglie meno fortunate. La cena di gala, che si è svolta la sera dell'11, ha avuto proprio lo scopo di raccogliere denaro per sostenere le adozioni “di casa propria”.

“Una cosa straordinaria – continua don Andrea -. Io non ho conoscenza di esperimenti simili in tutto il continente. Nei giorni precedenti la cena, c'è stata una grande mobilitazione generale, con parecchi articoli nei media locali. Il console aveva invitato i commercianti a contribuire, il Ministero dei servizi sociali aveva garantito la presenza di tutti i funzionari affinché dessero il buon esempio. Anche l'Episcopato locale si è attivato ”. Il convegno ha visto anche l'inaugurazione, nella città di Fada, di un panificio pizzeria adiacente al già esistente centro di formazione e avviamento al lavoro per bambini di strada, in una sorta di prova pratica di ciò che il congresso ha inteso promuovere.   

Quali saranno i prossimi passi? “Abbiamo ascoltato, raccolto pareri, adesso si passa all'azione. Faremo un programma molto concreto che prevede ancora un approfondimento dei Paesi e delle loro potenzialità, con l'individuazione dei prodotti di scambio, delle persone da formare, poi passeremo alla costituzione delle cooperative, con il vantaggio che ce ne sono già di avviate e consolidate. Per il congresso 2014 ci trasferiremo a Lomé, capitale del Togo. Là, grazie al contributo delle famiglie di due persone straordinarie, mancate prematuramente e vicine al Movimento: Vanda Spoto, della Lega Cooperative campane, e Giacomo Bandini, 24enne sanminiatese scomparso in un incidente stradale, sarà realizzato un centro che fungerà da punto di riferimento per l'intero progetto cooperativistico”.  

Dopo tanta sofferenza, lei pensa davvero che l'Africa ce la possa fare? “Sono assolutamente convinto che sia giunta l'ora della nuova Africa. Il continente è il forziere delle ricchezze più grandi del pianeta. Non è più accettabile che, mentre noi ci avvaliamo del suo petrolio, del suo coltan (un bisogno creato dal boom della telefonia mobile), delle sue risorse energetiche..., qui la gente sia alla fame, non possa immaginare un futuro, non veda la luce. L'Africa deve emergere. Europa e America sono in crisi, mentre il pil del continente africano sta crescendo. Tutto indica che questo è il momento del riscatto”. 

Romina Gobbo
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