Panettoni, dalla prigione al Papa

Per il terzo anno consecutivo, il Santo Padre asseggerà il dolce prodotto da alcuni detenuti della casa circondariale di Padova. Tra le attività, anche ceramiche in tiratura limitata.

22/12/2012

Quest’anno, a Natale, sulla tavola del Papa ci sarà un panettone artigianale sfornato nel carcere di Padova. I dolci di Giotto è il laboratorio artigianale che ha sede all’interno della prigione Due Palazzi: impiega 40 detenuti, 20 in pasticceria e, nei periodi di maggior lavoro, 20 addetti al confezionamento e alla distribuzione.

Per il terzo anno consecutivo la Santa sede riconferma l’ordine natalizio, 250 panettoni da 1,5 chili, «un peso realizzato esclusivamente per il Santo Padre», dice Nicola Boscoletto, presidente del consorzio sociale Giotto, che comprende le cooperative Giotto e Work crossing, attive all’interno del carcere. Benedetto XVI ne ha ordinati altri dodici da un chilo in tiratura limitata, con un cofanetto prezioso che contiene immagini della Cappella degli Scrovegni.

Tra le specialità preparate dai pasticceri di Giotto ci sono biscotti artigianali, grissini, focacce, colombe e dolci ispirati a Sant’Antonio e alla tradizione popolare. Tra pasticcerie, enoteche e negozi, queste delizie nate in carcere si possono trovare in ogni regione, ma sono esportate anche all’estero: Francia, Inghilterra, Germania, Spagna, Cina, Taiwan e Antille, «da dove è arrivata una richiesta di altri 400 panettoni, che però non potremo esaudire», continua Boscoletto. La produzione di quest’anno è andata a ruba, circa 63.000 panettoni.

Il Consorzio dà lavoro a 120 detenuti, di cui 15 in esterno. Oltre alla pasticceria c’è un servizio di ristorazione che impiega altri 25 detenuti e che funziona anche da catering. Proprio la cucina è stata la protagonista dell’undicesima edizione di una cena di beneficenza nel giorno di Santa Lucia, il cui ricavato andrà a finanziare i progetti per la cooperazione e lo sviluppo tra i popoli della Fondazione Avsi. Sotto la guida di quattro chef di prim’ordine, Massimiliano Alajmo, Luigi Biasetto, Giancarlo Perbellini e Piergiorgio Siviero, i detenuti, quindici dei quali hanno partecipato anche come camerieri, hanno realizzato portate per oltre cento coperti. Del consorzio fanno parte anche un call center, un assemblaggio di valigie della Roncato e una fabbrica di biciclette.

A fronte del momento difficile per le carceri italiane, quella de I dolci di Giotto e del consorzio è una realtà virtuosa che non costituisce la norma. «Grazie al lavoro si riesce ad abbattere molto la recidiva», continua Boscoletto. «Per chi segue un percorso lavorativo e l’eventuale misura alternativa, la recidiva, infatti, scende sotto il 5%, con punte dell’1%. Purtroppo, su quasi 67.000 detenuti, sono solo 700-800 quelli che operano con un lavoro vero e proprio. Inoltre, se ogni detenuto costa allo Stato 250 euro al giorno, cioè 100.000 euro all’anno, si capisce l’importanza del lavoro in carcere e dell’investimento di risorse economiche in tal senso: il risparmio che deriva da ogni punto percentuale di abbattimento della recidiva sarebbe di 50 milioni di euro per la collettività».

Oltre alla gastronomia, nel consorzio Giotto c’è anche l’arte: da sei anni vengono prodotte su ceramica in tiratura limitata immagini prese dalla Cappella degli Scrovegni. Per questo Natale il tema sono I vizi e le virtù. La ceramica più preziosa, prodotta in 250 esemplari, rappresenta La fede e l’infedeltà. Un’altra, in 500 pezzi, La giustizia e l’ingiustizia. La numero uno di entrambe le serie sarà donata al Papa, e la numero due al Presidente della Repubblica.

Alessandro Micci
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