06/07/2012
Torino, Lungopo, Murazzi. Attività estiva dell'oratorio di strada San Luigi. Tutte le fotografie di questo servizio sono di Paolo Siccardi/Sync.
Accadeva centocinquant'anni fa con i ragazzi di don Bosco. Continua ad accadere oggi con i nuovi giovani arrivati dall'Africa e da altri posti lontani. Nel frattempo Torino ha cambiato pelle, ma c'è una sfida che non si è mai interrotta. E' la sfida educativa. Che non ha confini: strade, piazze, locali. Una sfida che oggi viaggia anche sulle ruote di un camper, parla molte lingue e balla a ritmo di hip-hop. Il suo obiettivo è portare un po' di calore e un raggio di speranza anche nelle pieghe più nascoste della città, sempre e comunque in compagnia degli ultimi, accanto a quei giovani che, nati e cresciuti in ambienti difficili, faticano ad avere una vita normale.
Siamo ai Murazzi del Po, una sottile striscia di terra adagiata lungo il fiume, a due passi dal centro città. Ai tempi di don Bosco questa zona era praticamente disabitata: c'era solo qualche basso fabbricato e alcune rimesse per le barche. Oggi è famosa per i locali notturni (molti aperti fino all'alba) e per la "movida". E' uno spazio che vive sul limite e spesso lo oltrepassa, fra paure e pregiudizi: giovani in cerca di sballo, schiamazzi, decibel, eccessi, abuso di alcol e droghe. Questa però non è una serata come le altre. Davanti al locale Magazzino sul Po è parcheggiato il camper dell'oratorio San Luigi. Sta per iniziare una festa, unica nel suo genere. Da diversi anni l'oratorio, che si trova nel quartiere San Salvario (zona problematica, di antica e nuova immigrazione) ha intrapreso il progetto dell'educativa di strada, sperimentando coraggiose attività in varie zone di Torino (Murazzi compresi).
Ci sono momenti di aggregazione attraverso lo sport e diverse
proposte culturali, ma anche corsi di italiano e uno sportello di
accompagnamento al lavoro. I ragazzi coinvolti sono più di cento. «Il nostro obiettivo – spiega don Mauro Mergola, direttore dell'oratorio –
non è solo offrire dei servizi. Noi desideriamo essere presenti nella
vita dei ragazzi, condividere le loro fatiche e le loro urgenze,
aiutarli a esprimersi e trovare insieme a loro una strada che li faccia
crescere». A volte si comincia con una partita a ping-pong, poi due
chiacchiere diventano la premessa per una conoscenza, per un rapporto
più duraturo, basato sulla fiducia.
Certo, è una strada impervia e i problemi da fronteggiare sono enormi.
Tra i primi c'è l'emergenza droga: molti dei ragazzi la consumano e
qualcuno anche la spaccia. Per questo l'oratorio si è impegnato in un
prezioso lavoro di prevenzione, che inizia con la distribuzione di
materiale informativo in diverse lingue. Punto di forza dell'educativa è
il gioco di squadra. Dell'equipe fanno parte Matteo Aigotti (coordinatore e assistente sociale), Simone Spadarotto (psicologo) e Marco Antonio Mele (educatore):
figure complementari che sanno integrarsi. «Nel nostro stare con i
ragazzi – racconta Spadarotto – cerchiamo di togliere le etichette e i
pregiudizi. Ricordo ancora con emozione la festa di compleanno che
abbiamo preparato per uno dei nostri giovani amici. Lui non se
l'aspettava e forse era la prima volta in vita sua che poteva godersi
una festa "personale", fatta con semplicità ma in modo autentico. E'
stato un momento incredibile».
Don Mauro Mergola (primo a destra) con alcuni giovani ai Murazzi, sulla riva del Po, a Torino.
«In questi anni di attività – aggiunge Mele – abbiamo scoperto che,
paradossalmente, è più facile entrare in dialogo con i ragazzi
stranieri. Spesso, infatti, hanno necessità urgenti: hanno bisogno che
qualcuno che li aiuti a trovare un posto dove mangiare o dormire, oppure
hanno problemi con i documenti. Così a volte sono loro i primi a
cercarci». Da quest'anno l'oratorio ha proposto anche un corso per
dj e rapper, destinato inizialmente ai giovani rifugiati politici, ma
poi esteso anche ad altri ragazzi: «Il rap nasce dalla strada – spiegano i responsabili – cosa c'è di meglio per un progetto come il nostro?».
Ecco allora il senso della festa hip-hop. Bastano pochi minuti di
musica e i ragazzi si sciolgono, in un ritmo "cattivo" (ma buono) che
unisce terre lontanissime: il Marocco, l'Egitto, il Mali, il Togo, il
Kurdistan. I più coraggiosi si avvicinano al microfono e iniziano a
"rappare" nelle loro lingue: parole incomprensibili a un orecchio
italiano, eppure misteriosamente cariche di senso. Parole, volti, storie
che don Mauro e gli educatori conoscono bene. Tra i ragazzi c'è chi ha
attraversato il Mediterraneo a bordo di un barcone e chi, poco più che
bambino, è fuggito dall'Africa lasciandosi alle spalle un destino di
soldato.
La serata è anche occasione per ricordare Luigi Pirandello, in
una singolare tappa del Festival nazionale a lui dedicato. «Un siciliano
trasferitosi per qualche tempo in Piemonte – spiega Giulio Graglia, autore, regista Rai e promotore del Festival, nonché
ideatore di uno spettacolo che unisce le parole del grande drammaturgo
alla musica hip-hop – in un certo senso era un "extracomunitario" del
suo tempo». Così, a fine serata, grazie anche alle testimonianze di Gabriele Novarese (vicepresidente e formatore dell'associazione culturale Ubiquity Inc) e di Fausto Sorino
(responsabile assistenza sociale Ufficio Minori Stranieri) si scopre
che l'oratorio, l'hip-hop dei Murazzi e Pirandello non sono poi così
distanti. «Sono tutti aspetti che si possono legare alla dimensione
profonda del vivere» conclude don Mauro. Durante la festa, grazie al
coinvolgimento del Magazzino sul Po (che durante l'anno ha anche messo a
disposizione i suoi spazi per l'attività del progetto) vengono offerte
bibite analcoliche al prezzo scontato di 1 euro e 50 centesimi. Come a
dire che è possibile divertirsi anche senza sballo.
Lorenzo Montanaro