E il Papa disse: sia pace in terra

Un convegno ad Arezzo in corso in questi giorni ricorda il messaggio profetico dell'enciclica di Giovanni XXIII, quando il mondo era spaccato in due.

17/11/2012
Giovanni XXIII apre il Concilio Vaticano II (Ansa).
Giovanni XXIII apre il Concilio Vaticano II (Ansa).

«La pace in terra, anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi, può venire instaurata e consolidata solo nel pieno rispetto dell'ordine stabilito da Dio». Era l'11 aprile 1963: il mondo, in piena guerra fredda, appariva spaccato a metà. Due blocchi nemici e contrapposti. Ma intanto la Chiesa, chiamata dal Concilio Vaticano II a confrontarsi con una stagione nuova, viveva l'attesa di un profondo rinnovamento. In tempi travagliati, l'enciclica «Pacem in terris» di Papa Giovanni XXIII, l'ultima del suo pontificato, richiamava l'attenzione sulla pace come valore universale.

Sono passati cinquant'anni, eppure le parole di quella lettera, per certi versi profetiche, continuano a ispirare interrogativi profondi. Ecco allora il senso del convegno "Pace e guerra tra le nazioni a 50 anni dalla Pacem in Terris", in programma ad Arezzo il 16 e 17 novembre. L'incontro è organizzato dall'Istituto internazionale Jacques Maritain, insieme con l'associazione Rondine, e intende richiamarsi direttamente al grande filosofo francese. «Riflessioni – recita il sottotitolo - nello spirito di Jacques Maritain», cioè di uno tra i massimi intellettuali cattolici del Novecento che fu, non a caso, un costante riferimento per il Concilio.

In cinquant'anni gli equilibri geopolitici e i rapporti tra le nazioni sono stati completamente stravolti, eppure, anche in un mondo globalizzato, permane l'ansia per una conflittualità dirompente. «La guerra – questa la dolorosa considerazione iniziale – è una presenza costante nella convivenza umana, mentre la pace sembra residuale, con brevi apparizioni e, normalmente, dopo i conflitti che l'hanno rimessa in causa. I due termini sembrano indissolubilmente legati in qualche modo l'uno all'altro. Insomma, nel profondo della storia umana c’è più spazio per il conflitto che per la pace. Perché – si domandano gli organizzatori sulla scorta di Maritain - gli uomini sembrano incapaci di trovare forme di cooperazione durature o almeno di coesistenza pacifica?».

A questa domanda cercano di rispondere intellettuali del calibro di Luigi Bonanate (Università di Torino), Tommaso Di Ruzza (Autorità di Informazione Finanziaria Santa Sede), Stefano Zamagni (Università di Bologna), Stefano Nannini (Federazione Universitaria Cattolica Italiana), Angelo Caloia (Università Cattolica di Milano), Antonello Biagini (Università di Roma “La Sapienza”), Khaled Fouad Allam (Università di Urbino), Giancarlo Dettori (Fondazione Mondo Unito), Paolo Nepi (Università di Roma Tre), Adriana Di Stefano (Università di Catania). Intervengono anche alcune personalità politiche, come il senatore Lucio D'Ubaldo, oltre, naturalmente, ai responsabili degli enti organizzatori: Roberto Papini (segretario generale Istituto Internazionale Jacques Maritain) e Franco Vaccari (presidente associazione Rondine Cittadella della Pace).

Due giorni di dibattito intenso, con posizioni diverse, ma una comune volontà di aprire alla speranza. Perché, tanto l'enciclica quanto il pensiero di Maritain indicano una via percorribile: «La pace e assieme la democrazia – fanno notare gli organizzatori - non sono estranee alla natura umana, e grandi sforzi dovranno essere compiuti affinché la storia umana non sia condannata ad un equilibrio permanentemente instabile tra pace e guerra».

Info: www.istitutomaritain.org

Lorenzo Montanaro
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