21/01/2013
Un punto di vista inedito della crisi. È quello proposto dalla fondazione provinciale della Comunità comasca che ha scelto di aiutare tutte le realtà non profit del territorio a lavorare nella stessa direzione per una nuova cultura della solidarietà. Come va di moda dire di questi tempi, è giunta l'ora di fare Rete. Ma la caratteristica di questo progetto sta nell'approccio: "Famigliamoci" si propone come il primo tentativo a livello nazionale di costruzione di un gruppo di enti che operano nel terzo settore a diverso titolo condividendo un obiettivo e, soprattutto, mettendo in comune competenze e tessuto di relazioni per realizzare un unico progetto a livello provinciale a sostegno delle famiglie in difficoltà. «Si tratta di una straordinaria opportunità - sottolinea Stefano Mangiacotti, del network Cometa - per tutto il territorio lariano e non solo. Il progetto per noi è stata l'occasione di contribuire alla promozione della cutura del dono all'interno della società, ma soprattutto del presente dei suoi figli e delle sue famiglie».
Un anno di lavoro ha portato alla prima piattaforma di raccolta fondi condivisa da tutte le associazioni aderenti. È finito il tempo in cui ci si poteva nascondere: «La fondazione ha creduto e investito nel potenziale degli enti non profit della provincia - prosegue Mangiacotti - con l'obiettivo di sostenerli e accompagnarli, valorizzando il lavoro da loro svolto quotidianamente e spronandoli a mostrarsi con coraggio alla comunità, perché si renda corresponsabile della risposta ai bisogni emergenti». Esempio simbolico di questa condivisione di intenti e strumenti, il centro diurno che accolgie ogni giorno un centinaio di bambini e ragazzi: «Con noi si sono sentiti coinvolti nel progetto e attraverso azioni semplici e a volte avventurose anche noi abbiamo preso maggior coscienza del valore che quel luogo ha per loro e della fatica necessaria per mantenerlo vivo».
Per Luca Giancola, della Piccola Casa Federico Ozanam, "Famigliamoci" è l'occasione di superare la dominante visione individualistica dei problemi della famiglia: «Dobbiamo abbandonare il singolo interesse, del singolo cittadino e del singolo ente, per lavorare tutti insieme così da salvare i nuclei familiari dalla dilagante solitudine sociale». Diverse le strade possibili da percorrere, tutte egualmente valide e possibili: dalla diffusione dell'housing sociale, per dare alloggio alla famiglie in difficoltà, alla promozione di percorsi di accoglienza a favore di chi è rimasto senza casa, passando dalla spinta a un dialogo ormai indispensabile tra mondo del lavoro e realtà emarginate. «Da soli - riprende Giancola - non ce la facciamo, non più. Storiche congregazioni religiose, associazioni di volontariato con esperienza decennale, importanti enti di solidarietà sociale si sono trovati "costretti" a guardarsi in faccia allo stesso tavolo, dopo anni di percorsi individuali caratterizzati da successi "personali"».
«In una realtà che vive permeata dalla cultura degli alibi - chiude Samuele Robbioni del Centro servizi alla famiglia La grande corte - credo che il progetto "Famigliamoci" rappresenti un'assunzione di responsabilità civile da prendere come modello di riferimento. Parliamo spesso del futuro dei giovani e delle loro famiglie correndo il grande rischio di dimenticarci di costruire con loro un presente significativo».
Per maggiori informazioni e scoprire tutto delle realtà coinvolte consultare il sito internet
www.famigliamoci.it
Alberto Picci