29/03/2012
Le manifestazioni di protesta in India contro la causa intentata da Novartis (foto del servizio: Reuters).
E' cominciato presso la Corte Suprema dell'India il secondo tempo dic una battaglia legale che potrebbe decidere il futuro di milioni di persone e
la sorte di molte migliaia di persone malate. A sei anni dalla prima
sconfitta in tribunale, la Novartis, un colosso dell’industria farmaceutica internazionale (l’azienda, svizzera, è nata nel 1996 dalla fusione tra Ciba-Geigy e Sandoz
e ha più di 100 mila dipendenti), si presenta davanti alla Corte
Suprema per ottenere il diritto a brevettare anche in India, mettendolo
quindi sotto tutela, il Glivec, uno dei farmaci più usati nelle cure anti-cancro.
La polemica sulla produzione di farmaci generici in India
risale almeno al 1970, cioè al momento in cui il Paese cancellò i brevetti sui
medicinali. La mossa diede impulso all’industria indiana del
farmaco, che potè così produrre medicinali a basso costo per un vasto
mercato interno e per un non meno vasto mercato internazionale, ma aprì una dura lotta internazionale.
Nel 1994 il Wto (World Trade Organization) riuscì a far firmare
all’India il controverso Agreement on Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights (TRIPS),
con cui il Paese si impegnava a estendere il brevetto sui medicinali.
Nel 2005 l’India decise di implementare l’accordo ma con alcune
“precisazioni”. Prima fra tutte, quella che nega il brevetto ai farmaci
presentati come nuovi ma che hanno formule appena modificate rispetto a medicinali già esistenti o solo usi nuovi, senza differire
in modo significativo nelle proprietà.
Da allora l’interpretazione dei tribunali indiani ha penalizzato le richieste delle multinazionali
che cercavano di brevettare come nuovi medicinali che realtà potevano essere considerati
la riformulazione di un farmaco precedente. Una tagliola in cui Novartis
è caduta anche con il Glivec, che essa al contrario giudica un
prodotto radicalmente nuovo.
Molte organizzazioni umanitarie sono favorevoli alla politica indiana e definiscono l’India “la farmacia dei poveri”.
Il loro timore è che se Novartis vincesse la causa, tutte le altre aziende
del farmaco farebbero analogo ricorso, impedendo di fatto la produzione
dei “generici” a basso costo e portando alle stelle le cure (con aumenti
fino a dieci volte) per i pazienti del Terzo Mondo. Novartis si difende con energia e senza risparmiare argomenti. Tra gli altri: dal 2002, attraverso il
Glivec International Patient Assistance Program (GIPAP), l’azienda
distribuisce in India il farmaco gratuitamente; attualmente lo ricevono circa 15
mila pazienti, cioè il 90% delle persone curate con il Glivec.
Al di là dell’eventuale responsabilità sociale aziendale e delle
azioni positive che la possono riguardare, un argomento merita
approfondimento: è una leggenda, dice Novartis, che l’India sia
la “farmacia dei poveri”. Al contrario, la maggior parte dei generici
prodotti in India viene esportata e venduta nei Paesi sviluppati.
L’industria farmaceutica indiana poggia su un nucleo di 250 grandi aziende e su una galassia di 8 mila piccole aziende. E in effetti non è difficile verificare che i veri affari queste aziende li
fanno con i Paesi ricchi e non con quelli poveri. Nel 2010-2011 le
vendite di generici indiani verso Usa e Canada hanno reso, da sole, 2.4
miliardi di dollari, pari alla somma di quanto venduto in Africa (1,6
miliardi), Asia (0,4 miliardi di dollari) e Paesi Asean
(0,58 miliardi di dollari) sommati.
L’Unione Europea, nello stesso
periodo, ha portato nelle casse dell’industria farmaceutica indiana 1,7
miliardi di dollari e l’America Latina e i Caraibi 0,63.
Resta però il fatto che i farmaci prodotto in India a prezzo
ridotto curano in ogni caso moltissime persone nei Paesi più poveri. Medici senza Frontiere,
una delle associazioni più impegnate nella campagna contro l’azione legale di Novartis,
sottolinea che “più dell’80% dei farmaci antiretrovirali (ARVs) usati
da MSF nei suoi programmi per l’HIV/AIDS provengono da produttori di
generici con sede in India, così come l’80% dei farmaci antiretrovirali
acquistati con i fondi dei donatori a livello mondiale hanno origine in
India”. Come si vede, qualunque sia il punto di vista, alla sentenza della Corte Suprema indiana resta appeso il destino di tantissime persone.
Fulvio Scaglione