15/11/2011
Genova. Un incontro del luglio 2010. Foto: www.orainsilenzioperlapace.org.
Tutte le settimane. Per dieci anni filati. Un'ora in silenzio, dalle 18 alle 19 di ogni mercoledì. Si riuniscono in Piazza De Ferrari, sui gradini del Palazzo Ducale di Genova, per dire "no" alla guerra. Hanno cominciato sul finire del 2001, per iniziativa di alcune associazioni pacifiste genovesi, quando ci fu l'attentato alle Torri Gemelle, e poco dopo gli Stati Uniti attaccarono l'Afghanistan: «Cercammo un modo per esprimere il nostro sgomento e la nostra indignazione», scrivono nel comunicato che annuncia la
cinquecentesima riunione davanti allo storico palazzo di Genova, che avrà luogo il prossimo 28 dicembre.
«"L'ora in silenzio"», si legge nella pagina iniziale del sito curato dagli organizzatori, «
nasce
in Francia nel 1982, su iniziativa del collettivo “Artisans de paix”,
contro la guerre e gli armamenti nucleari». Dopo l’installazione dei
missili americani in Europa (1982-83) questa iniziativa si rafforza
sempre di più.
In Italia viene adottata a Genova una prima volta nel 1983, in concomitanza con la “Mostra navale
bellica” che si teneva ogni due anni presso la Fiera del Mare. A promuoverla era il “Gruppo amici dell’Arca”.
«La pratica del silenzio», rende noto il sito www.orainsilenzioperlapace.org, «ha origine dal bisogno di superare le
differenze: le parole spesso dividono; il
silenzio crea un’atmosfera di rispetto e di intesa che accomuna e ci fa
solidali gli uni con gli altri.
Silenzio che si fa riflessione e, quindi, capace di denuncia efficace e
nonviolenta».
Genova. Luglio 2011. Foto: www.orainsilenzioperlapace.org.
Nel 2001, dopo i morti e le distruzioni registrate a New York e a Washington, e dopo la successivamente risposta militare, con l'avvio delle operazioni militari in Afghanistan, la replica. «Abbiamo deciso di adottare nuovamente l'"ora in silenzio", una modalità di
manifestazione già attuata diverse volte nella storia: per esempio dalle
suffragiste statunitensi e dalle donne in nero di Gerusalemme», spiega il comunicato. «Allora, non pensavamo di restare in piazza
per dieci anni. Ma non potevamo certo interrompere la nostra protesta
quando l'Italia è stata direttamente coinvolta nelle operazioni militari
in Afghanistan; quando gli Stati Uniti hanno aggredito anche l'Irak
(questa volta con il pretesto della ricerca delle "armi di distruzione
di massa"); quando soldati italiani sono stati direttamente e
pesantemente coinvolti anche in quella guerra; quando il dettato
costituzionale è stato ancora una volta violato con la partecipazione
alla guerra in Libia».
In questa tenace e silenziosa protesta contro la guerra, quelli dell'
"ora in silenzio" hanno distribuito negli anni 250 mila volantini ai
passanti e alla gente incontrata mercoledì dopo mercoledì. «I Governi
che si sono succeduti in questi anni non hanno mai mostrato di
accorgersi delle nostre istanze. Rimaniamo convinti che la guerra non
sia in grado di risolvere alcun problema dell'umanità, ma serva
soltanto ad aumentare i profitti di chi costruisce e vende armi; a mantenere
un "ordine internazionale" disumano; a concentrare nelle mani di pochi
il controllo dell'economia», conclude il comunicato stampa. Il prossimo
29 novembre, quindi, si ritroveranno per la cinquecentesima ora del
silenzio. E, data la situazione internazionale, non sarà l'ultima.
Luciano Scalettari