21/02/2013
Tre nuove impiccagioni in Giappone: il primo ministro Shinzo Abe fa tremare i detenuti del braccio della morte, dopo che nella sua precedente esperienza, tra il 2006 e il 2007, vennero eseguite 10 condanne a morte, il numero più alto mai registrato sotto un governo liberaldemocratico.
La denuncia arriva da
Amnesty International che con un nuovo
appello "Senza pietà" lancia l'allarme: «Chiediamo al ministro della giustizia di non firmare ulteriori ordini di esecuzione e, piuttosto, di considerare il fatto che
oltre due terzi dei Paesi non ricorre più alla pena di morte e non dà retta a chi ne sostiene la necessità - ha dichiarato Roseanne Rife, direttrice di Amnesty international per l'Asia orientale.
Il Giappone è un'isolata minoranza. Sollecitiamo il ministro ad avviare un dibattito pubblico sull'uso della pena capitale».
Presa di posizione non facile quella auspicata da Amnesty in considerazione delle precedenti dichiarazioni del primo ministro Aben che non ha mai perso occasione di ribadire il suo favore alla pena di morte. «Queste esecuzioni, coperte dal segreto - ha proseguito Rife - sono un freddo omicidio premeditato. Le autorità giapponesi erano apparse senza pietà già durante il primo governo di Shinzo Abe. Ora rischiamo di essere di fronte a un altro periodo di omicidi a sangue freddo da parte dello Stato. Sorge il dubbio che queste esecuzioni siano solo un espediente politico».
Due delle tre ultime vittime erano in procinto di presentare domanda per la riapertura dei loro. Non ne hanno avuto il tempo. E ora sale la tensione nelle carceri giapponesi dove 134 detenuti sono in attesa nei bracci della morte, uno dei numeri più alti mai registrati in oltre mezzo secolo.
Alberto Picci