I poveri? Mezzo miliardo in meno

La stima è frutto degli studi di due ricercatori del Brookings Institute di Washington e si riferisce al periodo tra il 2005 e il 2010. "Entro il 2015 i poveri diminuiranno ancora".

01/02/2011
Bambini giocano nello slum di Makoko, nella periferia povera di Lagos, in Nigeria (foto di Sunday Alamba/Ap).
Bambini giocano nello slum di Makoko, nella periferia povera di Lagos, in Nigeria (foto di Sunday Alamba/Ap).

Quasi mezzo miliardo di persone sono uscite dalla povertà tra 2005 e 2010, una cifra storicamente mai raggiunta prima in un lasso di tempo così breve: lo afferma un rapporto pubblicato da Laurence Chandy e Geoffrey Getz del Brookings Institute, istituto indipendente di ricerca con base negli Stati Unit, per la precisione a Washington D.C. I due ricercatori giungono a questa conclusione grazie a un aggiornamento delle stime sulla povertà globale. La loro ricerca li porta anche a concludere che l’obbiettivo del Millennio definito dall’Onu di dimezzare il numero di poveri entro il 2015 è stato raggiunto nel 2007. Di conseguenza, affermano i due, entro il 2015 il numero dei poveri sarà stato dimezzato ancora una volta, per raggiungere il 10% della popolazione mondiale, ovvero 600 milioni di persone che vivono con meno di 1,25 dollari al giorno. 

    Una riduzione drastica che, si legge nel rapporto, deriva soprattutto dal miglioramento delle condizioni di vita in Cina e India, le quali contribuirebbero al 75% della riduzione globale prevista per il 2015. I poveri presenti in Asia diventerebbero così soltanto un terzo del totale, mentre la quota dell’Africa passarebbe dal 28% al 60%. Ciononostante, la quota di poveri presenti nell’Africa sub sahariana è stata comunque ridotta a meno del 50%, e si prevede da qui al 2015 un’ulteriore diminuzione fino al 40%. È previsto poi un incremento del numero di poveri negli Stati più fragili: se nel 2005 questi ospitavano il 20% dei poveri globali, per il 2015 la quota prevista è del 50%. Il numero di Paesi dove più di una persona su sei vive in povertà dovrebbe scendere da 60 a 35, mentre si prevede che 19 Paesi elimineranno definitivamente la povertà.

    «Anche se questi risultati possono suonare come una sorpresa per molti, non dovrebbe essere così»,  affermano i ricercatori,  «in quanto vi è stata una forte crescita nei Paesi in via di sviluppo dall’inizio del nuovo millennio, rendendo una forte riduzione la povertà sicuramente prevedibile». Tranne poche eccezioni – fanno  però notare gli autori della ricerca – la comunità internazionale è stata lento a reagire al fenomeno. «Si sente parlare molto di più dei  64 milioni di persone gettate in stato di povertà a causa della crisi economica che non delle centinaia di milioni che sono sfuggite alla miseria negli ultimi sei anni. È certamente giusto mantenere alta l’attenzione su questi temi, ma non bisogna dimenticare che ci sono anche motivi per gioire dei progressi fatti».

     In ogni caso, nel sito del Brookings Institute è segnalata anche un'altra ricerca che lascia sbigottiti: negli Stati Uniti d'America il tasso dei bambini in povertà cresce ancora. Nel 2010 dovrebbe essere salito al 21,3 per cento (era il 20 per cento nel 2009). Non è un fenomeno omogeneo. Colpisce soprattutto 26 Stati (sui 52 che in totale danno vita agli Usa) nella fascia centro-meridionale del Paese.

FamigliaCristiana.it - RedattoreSociale.it
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Postato da alberto prayer il 03/02/2011 20:04

Ottima notizia, penso che questo traguardo si sia raggiunto per lo sviluppo progressivo avuto nei tre paesi emergenti e cioè Cina India e Brasile. Rimane fuori purtroppo l'Africa dove la povertà continua a mietere vittime. Aiutiamo l'Africa.

Postato da andrea luca il 02/02/2011 05:53

come dice Franco vorrei che il dato fosse reale e non frutto di arzigogoli statistici. E poi mi chiedo: chi sono quei disgraziati che in quantità sempre maggiore mi tendono la mano al semaforo, agli angoli delle strade, davanti alle chiese, che cercano alla sera tra gli avanzi del mercato?

Postato da Andrea Annibale il 01/02/2011 22:54

Il Vangelo dice “i poveri li avrete sempre con voi” (Marco, 14, 7). Non dice i poveri cristiani, ma dice i poveri in generale. Altrove dice “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me” (Matteo, 25, 40). Il tema dell’arricchimento dei popoli viene visto con diffidenza da una certa teologia, giustissima, che vede nel benessere la possibilità del diffondersi di un materialismo epicureo poco attento alle esigenze dello spirito. In che senso l’amore trinitario, modello supremo di qualunque amore, può essere un modello per le società opulente o per quelle che si apprestano a diventarlo? L’Apocalisse di san Giovanni ci mostra il quadro di una comunità umana destinata, come paradigma escatologico, ad affrancarsi, per l’opera di Dio, dalle lacrime, dalla morte, dal lutto, dal lamento dall’affanno perché le cose di prima sono passate (Apocalisse, 21, 4). Questo avverrà per volontà e per l’azione di Dio cui probabilmente dobbiamo collaborare attraverso mezzi umani, come il progresso medico, scientifico, tecnologico ed economico. L’Apocalisse è eternamente in corso, a mio avviso, è un paradigma eterno, cioè del tempo di Dio, ed è un paradigma antropologico, cioè che parla dell’uomo e delle sue vicende storiche. Se il benessere economico si fa teologia della liberazione anche spirituale ed escatologica dal peccato e dalle sue conseguenze, forse, accanto ai rischi di materialismo ateo, possiamo intravedere contro ogni eresia manichea, una grande opportunità di redistribuzione della ricchezza prodotta, perché questi poveri “che abbiamo sempre con noi” non subiscano il destino terreno ingiusto del povero Lazzaro, ma conseguano, oltre al premio eterno, una vita economicamente dignitosa, secondo ciò che Dio vuole. Cosicché l’arricchimento dei popoli sia, oltre che un rischio, un realizzarsi delle parole profetiche di Giovanni Paolo II che la teologia della liberazione, sganciata dalla metodologia marxista, è “non solo utile ma anche buona e necessaria” (Lettera rivolta alla Conferenza Episcopale Brasiliana). Necessaria come collaborazione dell’uomo ai piani storico-escatologici di Dio nel contesto di una liberazione dell’uomo dalla povertà e dal male (Apocalisse, 21, 4, citata).

Postato da Franco Salis il 01/02/2011 16:37

Quanto avrei voluto che fosse vero! Ma questi ricercatori come fanno a pervenire a certe conclusioni se in certe aree non si conosce neppure l'anagrafe? Quali indici hanno preso in considerazione? Ma lo sanno questi due ricercatori che l'Africa è richissima di materie prime e manca la distribuzione della ricchezza perchè accumulata da signorotti del luogo subentrati ai colonizzatori con evidente collaborazione delle grandi potenze? O sono tutte menzogne quelle che leggo su altre fonti? Basta con questi trionfalismi, o mi date dati certi, o non li prendo in considerazione. Come vorrei sbagliarmi!!

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