15/01/2013
In un campo profughi, la disarmante innocenza di un bambino nel rispondere a una domanda pericolosa, capace di far riemergere ricordi che sarebbe meglio lasciare nell'ombra, è ancora più evidente, come un improvviso rumore che interrompe un lungo silenzio. Per Abdullah, 6 anni, è più facile credere che la sua famiglia si è trasferita dalla Siria a Sidone, Libano, per ragioni igeniche: "La mia casa in Siria è stata invasa dai topi" dice Abdullah. "Mio padre ci ha costretto a partire in fretta e furia per il Libano fino a quando non troverà una soluzione per disinfestare la casa". Che ci creda davvero o preferisca crederlo, anziché dover ricordare gli orrori della guerra civile, poco importa. Più di 190mila siriani sono entrati in Libano come rifugiati; il numero è probabilmente superiore, dal momento che molti, per paura o altre ragioni, non si sono registrati. Solo nella prima settimana del 2013, circa 5 mila rifugiati siriani sono stati registrati dall'UNHCR, l'Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite. La famiglia di Abdullah era fra questi: sono giunti a Sidone da Homs, uno dei tantissimi centri abitati coinvolti dagli scontri tra le truppe di Assad e i ribelli. Per quanto possibile i genitori di Abdullah, come ogni genitore, fanno del loro meglio per proteggere i propri figli dalle conseguenze e dai traumi psicologici provocati dalla guerra. Ma non possono evitare che i bambini tendano le orecchie per ascoltare conversazioni tra gli adulti, a maggior ragione se ci si immagina gli spazi angusti che la famiglia di Abdullah, come tantissime altre, ha a disposizione per vivere in un campo profughi.
Abdullah ha appena cominciato a frequentare la scuola pubblica elementare Al Ahed Al Jadid a Sidone. Secondo il preside, circa il 40 per cento degli scolari sono rifugiati siriani. Abdullah non ha avuto difficoltà ad ambientarsi nella nuova scuola; insegnanti e nuovi compagni di classe lo hanno subito preso in simpatia. È attento, diligente e già pretende dai compagni che si comportino bene in classe: "La scuola è la cosa più importante. Dobbiamo studiare se vogliamo avere una vita migliore", dice quasi con orgoglio. Dall'inizio di novembre 2012, Unicef con il supporto attivo in loco di Caritas, ha varato un programma di sostegno concentrandosi sull'emergenza educativa e fornendo materiale scolastico per circa 37mila bambini siriani, ma anche libanesi ospiti di famiglie: dal momento che i profughi si stabiliscono in prossimità di comunità libanesi ai limiti della sussistenza, è stato inevitabile che il programma di assistenza riguardasse anche le tante famiglie libanesi vulnerabili e in difficoltà. Unicef sta supportando la frequenza di 13mila studenti siriani in scuole pubbliche libanesi, garantendo loro dei "kit di pronto ritorno a scuola" che consistono in uniformi, materiale di cancelleria, zaini ma anche sostenendo le famiglie per pagare le rette scolastiche. Un'altra priorità dell'Unicef è incrementare la capacità di ospitare scuole, e più in generale di sviluppare un ambiente favorevole all'educazione in 110 scuole con corsi di aggiornamento per lo staff scolastico: insegnanti, presidi e familiari. Gli obiettivi sono un apprendimento attivo, disciplina positiva ed educazione inclusiva.
Tarek e la sua famiglia sono arrivati a Baalbeck, nella Valle del Bekaa nel Nordest del Paese. Hanno attraversato il confine tre settimane fa, privi di tutto, incapaci di provvedere alle proprie più elementari esigenze. I primi giorni di scuola per Tarek sono stati molto difficili: niente libri, niente penne o quaderni. Il Centro Ngo Sawa, partner locale di Unicef, ha offerto alla famiglia di Tarek dei voucher perché acquistasse il materiale scolastico necessario al figlio. Il Centro Sawa aiuta inoltre i piccoli rifugiati ad adattarsi al sistema scolastico libanese impartendo corsi di recupero di inglese e francese. E, forse ancora più importante, il Centro Ngo Sawa ha allestito un centro comunale, un punto di aggregazione quanto mai necessario in cui bambini libanesi e bambini siriani, con origini e abitudini differenti, possano giocare insieme e trovare anche supporto psicologico, se richiesto. Per Zaki Rifai, fondatore del Sawa, i corsi di recupero sono fondamentali per integrare i bambini rifugiati dalla Siria nelle scuole libanesi. E aggiunge che ci si deve concentrare non solo sul permettere che i bambini frequentino la scuola, ma si deve fare in modo che a scuola i piccoli siriani ci restino. Senza corsi di recupero e il sostegno del Centro, la percentuale di abbandono sarebbe altissima.
Francesco Rosati