17/04/2012
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L'Osservatorio Ubi Banca su Finanza e Terzo Settore, con il supporto scientifico dell'Aiccon, l'AssociazioneItaliana per la promozione della Cultura della Cooperazione e del No profit, ha
presentato la prima indagine sui fabbisogni finanziari della cooperazione
sociale in Italia. La base di partenza per l'analisi sono state le risposte ai
cinquecento questionari inviati gli scorsi mesi di ottobre e novembre ai
responsabili delle cooperative sociali.
Questo il quadro che emerge: i soggetti intervistati
dispongono mediamente di organici composti da 38 dipendenti, 41 soci
cooperatori e 5 volontari; le cooperative sociali di tipo B, quelle che per
intendersi si occupano di attività agricole, industriali, commerciali o di
servizi finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate, sono
più presenti al Sud, viceversa i Consorzi di cooperative sociali si trovano
prevalentemente al Nord; il 76,5%delle cooperative sociali di tipo A, quelle
deputate a svolgere servizi socio-sanitari ed educativi, operano soprattutto
nel settore pubblico, mentre il 56,1% di quelle di tipo B lavorano "a
mercato".
Analizzando più nel dettaglio questo aspetto emerge che i
settori principali di attività per fatturato sono, nell'ordine, assistenza
socio sanitaria per il pubblico (35,6%), altri prodotti e servizi a mercato
(18%), servizi educativi e di
formazione per il pubblico (13,6%); seguono a ruota altri prodotti e servizi
per il pubblico (10,2%), assistenza socio sanitaria a mercato (7,8%), servizi
ambientali per il pubblico (6%), servizi educativi e di formazione a mercato
(4,6%), servizi ambientali a mercato (3%).
Quale futuro? Anche in questo settore le prospettive sono
tutt'altro che rosee: la maggior parte di coloro che hanno risposto al
questionario ha già individuato una tendenza negativa rispetto alle entrate
derivanti da contributi, convenzioni stipulate con enti pubblici e
donazioni. In particolare, il 35,8% prevede una diminuzione, il 36,8% si
aspetta una situazione stabile, il 6,6% non nutre alcuna speranza mentre l'8,2%
intravede margini di crescita. Un altro dato è territorialmente interessante: gli
scenari peggiori sono dipinti al nord, mentre al centro e, ancor di più al sud,
sembra registrarsi un moderato ottimismo. Di segno opposto, invece, il trend di
previsioni di entrata derivanti da vendita di prodotti e servizi a mercato.
Il 39,8% delle cooperative sociali interessate ha ammesso di
avere rapporti con due banche, il 32,2% con una sola, il 19,2% con tre e
addirittura l'8,8% con almeno quattro istituti. Bene, più della maggioranza, il
54,2% degli intervistati, ritiene che i servizi offerti non siano mirati per
valorizzare le peculiarità della cooperativa, e, anzi, non tengano nemmeno
conto del contesto in cui versa il Terzo Settore. In pratica, la critica più
diffusa, è quella di considerarsi trattati alla stregua di soggetti che operano
nel profit. Nonostante questo aspetto, poco meno del 40%, alla fine, si ritiene
sufficientemente soddisfatto del rapporto che ha con i propri istituti di
credito di riferimento.
In
conclusione, si legge nel rapporto, «Le cooperative sociali, per affrontare la
crisi, stanno rivedendo gli obiettivi strategici. Se negli anni scorsi hanno
investito in innovazione (migliorando processi, definizione di nuovi prodotti o
servizi, ecc.) ritenendo di poter approfittare di una ripresa economica che poi
non si è verificata, oggi stanno orientando le energie per consolidare le
relazioni, i partenariati, le aggregazioni. Proporsi con efficaci soluzioni di
partnership significa avere un canale preferenziale di dialogo».
Alberto Picci