14/04/2012
Questa fotografia e quella di copertina sono dell'agenzia Thinkstock.
La “città del bene” ha mezzo milione di abitanti. Precisamente, sono 467.729 le organizzazioni alle quali l’Istat intende spedire tra breve il questionario per il censimento del settore non profit, più del doppio rispetto alla rilevazione del 2001. In realtà, è una cifra che cambia in continuazione. Sì, perché “fotografare” questo mondo è un vero rompicapo anche per i superprofessionisti del nostro Istituto di statistica.
Ci sono voluti mesi di lavoro soltanto per mettere insieme la lista censuaria, cioè l’elenco degli enti ai quali spedire il questionario, ovvero il mezzo milione. In Italia, infatti, è molto difficile sapere chi sono, e dove sono. Non esiste, infatti, una forma giuridica esclusiva per chi opera senza fine di lucro. Associazioni, comitati, cooperative, fondazioni, enti religiosi, tutte queste categorie non esauriscono ancora il cosiddetto “universo”. Ci sono dentro partiti politici, sindacati, università, ospedali, club sportivi; insomma una giungla, classificata in elenchi e registri custoditi nei luoghi più disparati, dall’Agenzia delle Entrate agli enti locali, dalle Camere di commercio al Ministero degli esteri.
Che cosa hanno (o dovrebbero avere) in comune? Due aspetti fondamentali: la natura privata, ma soprattutto il divieto di distribuire profitti ai soci. Dunque il guadagno è perfettamente lecito anche nel terzo settore, basta che non vada ad arricchire singoli individui. Alla fine, la lista censuaria dell’Istat è stata divisa in ben quattordici categorie: i quattro quinti sono associazioni, seguono partiti e sindacati, enti ecclesiastici, cooperative sociali, scuole, fondazioni, enti sanitari. A livello territoriale, la Lombardia è nettamente la prima regione con il 14% delle organizzazioni totali, seguita dal Lazio (9 %) e dal Piemonte (8 %).
Foto Thinkstock.
Il metodo di rilevazione dei dati è lo stesso adottato per il censimento
della popolazione: il questionario potrà essere compilato via web
oppure riconsegnato nei centri di raccolta. Per chi non risponderà, si
attiveranno i rilevatori a domicilio. E’ probabile che alla fine,
come nel 2001, le organizzazioni attive risulteranno circa centomila in
meno rispetto alla lista di partenza. Le informazioni richieste sono
divise in quattro sezioni: caratteristiche strutturali, attività,
risorse umane, risorse economiche. In tutto sedici pagine di
questionario, un bel lavoro per le associazioni. Ma ne varrà la pena. Nel secondo semestre del 2013 saranno diffusi i risultati, a formare un quadro d’insieme che manca da dieci anni.
Tuttavia, nel decennio scorso, l'Istat ha più volte effettuato rilevamenti sul mondo del volontariato e del terzo settore. Nel
censimento del 2001 erano state rilevate 235 mila istituzioni non
profit, con 500 mila dipendenti e 3 milioni e 335 mila volontari.
Rilevazioni successive parlano di 7.363 cooperative sociali (2005),
4.700 fondazioni (2005) e 21 mila organizzazioni di volontariato (2003).
Secondo una ricerca del 2009, il 9,2% degli italiani dai 14 anni in su
ha fatto attività di volontariato, percentuale che equivale a 4 milioni e
800 mila persone.
Nel 2011, inoltre, uno studio condotto dall’Istat insieme al Cnel ha
stimato il valore economico del lavoro svolto dai volontari in 7,8
miliardi di euro, corrispondente a 702 milioni di ore l’anno. Tra gli
obiettivi del censimento 2011, oltre al registro statistico delle
organizzazioni non profit (già previsto nel 2001, però…) c’è una novità
importante: contribuire alla nascita del conto satellite, raccomandato
dalle Nazioni Unite. Si tratta di una sezione della contabilità
nazionale dedicata al non profit, che vedrà così valorizzato il suo
contributo al Prodotto interno lordo (Pil) del nostro Paese.
Ida Cappiello