Bombe a grappolo, Usa sconfitti

Alla Conferenza di Ginevra non passa il tentativo degli Stati Uniti di reintrodurre l'uso e il commercio delle "cluster bomb". Proposta che aveva anche l'appoggio dell'Italia.

01/12/2011
Tiro, Libano meridionale, novembre 2006: militari del contingente italiano impegnati nella missione Unifil 2.
Tiro, Libano meridionale, novembre 2006: militari del contingente italiano impegnati nella missione Unifil 2.

«Il tentativo di indebolire il trattato è fallito». La Campagna italiana contro le mine plaude all’esito della IV “Conferenza di revisione della Convenzione sulle Armi Convenzionali” – tenutasi a Ginevra dal 14 al 25 novembre scorsi – che aveva come primo punto di discussione il negoziato su un nuovo protocollo che avrebbe riaperto, con alcune deroghe, alla possibilità di utilizzo, produzione e commercio di munizioni a grappolo.

     Ebbene, la Conferenza si è conclusa con un secco “no” a chi aveva tentato di introdurre deroghe e rinvii all’applicazione della Convenzione di Oslo sulle “armi inumane” che prevede tra l’altro la messa al bando delle bombe a grappolo (note col nome inglese di cluster bombs), ossia quegli ordigni che al momento dell’esplosione riversano sul territorio circostante cariche esplosive di piccola dimensione contenute all’interno della stessa bomba.

     «Nettamente fallito», scrivono i responsabili della Campagna italiana, «il tentativo capitanato dagli Stati Uniti e dagli alti produttori e detentori di cluster bombs di proporre una revisione dell’accordo che avrebbe autorizzato l’uso di queste armi già bandite dalla Convenzione di Oslo. Oltre 50 tra gli Stati partecipanti alla negoziazione delle Nazioni Uniti hanno rifiutato nettamente il cinico tentativo di dare una copertura legale all’uso futuro di queste armi. Questo risultato chiude 4 anni di negoziazioni su questo argomento e quasi una decade di discussioni».

     La proposta di revisione, fra l’altro, prevedeva che si potessero ancora utilizzare le bombe a grappolo prodotte dopo il 1980 (cioè la gran parte di quelle tutt’ora esistenti) e una deroga di 12 anni per la messa al bando. Si sarebbe trattato, quindi, di un forte indebolimento dell’accordo internazionale già adottato.

Primo piano di una bomba a grappolo rimasta inesplosa, trovata dagli artificieri durante la bonifica di un uliveto in Libano.
Primo piano di una bomba a grappolo rimasta inesplosa, trovata dagli artificieri durante la bonifica di un uliveto in Libano.

La proposta di cambiare l’accordo veniva, oltre che dagli Stati Uniti, anche da altri Paesi grandi produttori come Cina, India, Israele, Russia. E aveva trovato appoggio in dodici Stati – fra cui l’Italia – che pure avevano firmato e ratificato la Convenzione per la messa al bando, tra cui Germania, Francia, Giappone, Svezia, Olanda, Svizzera, Croazia, Irlanda e Lituania.

     L’opposizione alla proposta americana, invece, è stata guidata da Norvegia, Austria e Messico, ma con un forte appoggio della società civile (attraverso la CMC, Cluster Munition Coalition, che aveva tra l’altro raccolto a questo scopo mezzo milione di firme), della Croce Rossa Internazionale, delle Agenzie delle Nazioni Unite (UN Development Program, Ufficio UN per il coordinamento degli Affari Umanitari e Alta Commissione per i Diritti Umani).

     Il Trattato in vigore, denominato Convenzione sulle Munizioni Cluster e firmato da 111 Nazioni, è del 2008 e, al pari di quello che ha messo al bando le mine antipersona, ha sancito il divieto di uso, di produzione e di commercio di un’intera categoria di arma. Non solo. Promuove anche i diritti delle vittime e dei sopravvissuti a incidenti causati da ordigni inesplosi.

     La Convenzione è stata sottoscritta anche da alcuni dei più grandi utilizzatori, produttori e detentori tra cui Regno Unito, Germania, Francia e Olanda. Ben 22 dei 28 Paesi membri della Nato vi aderiscono.

     L’entrata in vigore della Convenzione ha già portato molti risultati: la distruzione degli stock è stata avviata e molte aree contaminate sono state bonificate: ltre 598.000 bombe a grappolo e 64 milioni di sub-munizioni sono state definitivamente eliminate. Inolter, Albania e Zambia hanno portato a termine tutte le operazioni di bonifica umanitaria.

     «C’è stata un’enorme protesta globale al tentativo surrettizio di modificare la Convenzione di Oslo»,  dice Giuseppe Schiavello, direttore della Campagna Italiana. «Questo dimostra che la società civile e i singoli cittadini abbracciano completamente la nostra causa. Le bombe a grappolo uccidono i civili e ogni nazione ha il dovere di metterle al bando. Chi a firmato e sottoscritto il trattato, come il nostro Paese, deve evitare di assecondare quelli che promuovono il sistematico indebolimento della messa al bando per interessi puramente economici anche se contrabbandati come legati a problemi strategici e di sicurezza. Il diritto alla vita dei civili coinvolti loro malgrado in guerre non si baratta con gli arsenali».

Luciano Scalettari
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