10/06/2013
C'è una fase prenatale di accoglienza presso l'ambulatorio del reparto di ostetricia e ginecologia dell'ospedale San Paolo di Milano, e una postnatale, dai 2 mesi ai 2 anni di vita del bambino, presso il servizio di accompagnamento alla crescita per giovani mamme. Il team a disposizione delle "teen moms" che, nell'ambito del progetto "Madre adolescente: due minori a rischio", da sole o con i loro partner decidono di intraprendere questo percorso è composto da psicologi, neuropsichiatri infantili, assistenti sociali, neuropsicomotricisti, ginecologi e ostetriche. Quella che infatti fino a qualche anno fa era una questione assai più frequente nel mondo anglosassone, ora anche in Italia i numeri iniziano a diventare significativi: sono sempre di più e sempre più giovani le ragazzine che rimangono incinte.
Gli obiettivi del progetto promosso da Fondazione Ambrosiana per la Vita e università di Milano Bicocca in collaborazione con ospedale San Paolo e Fondazione Cariplo, sono due livelli differenti: da una parte c'è l'aspetto della prevenzione per ridurre il rischio depressivo nelle mamme, evitare lo "sconfinamento" in casi di maltrattamento e trascuratezza nei confronti del bambino, affrontare problematiche psicopatologiche; dall'altra, si cerca di favorire nelle mamme l'integrazione dell'esperienza della gravidanza e della relazione con il bambino con la propria fase evolutiva e di consolidare uno sviluppo socio-emotivo adeguato.
Da marzo 2011 a marzo 2013 la sperimentazione ha interessato 43 madri adolescenti e bambini con i loro padri, di cui 26 seguite dai 2 ai 14 mesi; l'età media delle mamme coinvolte è 18,5 anni, 23,4 quella dei padri. Nel 70% dei casi si è trattato di gravidanze non desiderate. Tutte le ragazze coinvolte, con due sole eccezioni, hanno un partner stabile e sette sono sposate. Dieci, invece, abitano nella famiglia di origine con il partner.
Nella "graduatoria" di fattori di rischio prevalenti spiccano l'assenza di un lavoro (79%), l'interruzione degli studi (45%), la depressione (34%), l'alto stress genitoriale (30%) e un vissuto di trascuratezza e abuso (30%). Nella quasi totalità dei casi sono stati riscontrati contesti familiari a rischio, genitorialità precoci delle proprie madri, scarso sostegno sociale e basso livello di istruzione.
Dopo tre mesi di intervento, si sono registrati aumenti significativi della sensibilità delle madri, della responsività e della capacità comunicativa del bambino. A 14 mesi, nei casi che hanno compiuto un anno di vita, il 77% dei bambini ha dimostrato un attaccamento sicuro alla madre e l'assenza di episodi di maltrattamento e abuso.
«Sebbene sia difficile stabilire un nesso causale tra maltrattamento infantile e successiva gravidanza in età adolescenziale - si legge nelle slide presentate in concomitanza con il "punto" sulla sperimentazione del progetto - in alcuni studi emerge che tra il 50% e il 60% di questi soggetti ha alle spalle una storia di abuso fisico/psichico».
«Il maltrattamento infantile può avere luogo attraverso la trascuratezza, il maltrattamento fisico, l'abuso sessuale, e l'abuso emozionale, altrimenti detto maltrattamento psicologico, che si concretizza in persistenti maltrattamenti emotivi e atteggiamenti di denigrazione e di rifiuto».
«Di particolare interesse sono gli studi che dimostrano come gli stati emotivi della madre si trasmettano al feto e possano condizionare lo sviluppo del suo cervello e quindi la struttura del suo futuro funzionamento mentale».
«È condivisa l'idea che la maturazione è un processo che avviene in funzione dell'esperienza e che è la qualità dell'esperienza stessa a determinare il tipo di sviluppo».
Alberto Picci