25/03/2013
Il Niger conta di 16 milioni di abitanti e nel 2011 è risultato come il secondo "peggior" Paese al mondo alla voce sviluppo: quasi il 60% della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Il 10% dei bambini con meno di 5 anni soffrono di malnutrizione acuta, il 44% di malnutrizione cronica. La speranza di vita alla nascita non arriva a 45 anni e l'indice di mortalità infantile è del 20%. Il 71% degli abitanti, con una netta prevalenze delle donne, sono analfabeti. Se le cifre non dicono tutto di un Paese, per quanto riguarda il Niger danno un'idea più che concreta delle emergenze che mettono in perenne stato di crisi il Paese.
Ma le cose possono almeno parzialmente cambiare. Questo è l'intento dell'organizzazione umanitaria
Bambini nel deserto che proprio in Niger ha scelto di avviare il progetto "Reseau Exodus" per il sostegno alla formazione professionale nel tentativo di contrastare la migrazione. Nel comune urbano di Agadez si è dunque cercato di intervenire sulle
fasce più vulnerabili della popolazione diversificando i percorsi e le tipologie di attività proposte e messe in pratica.
Lo scorso gennaio è ufficialmente iniziato il progetto, cofinanziato dalla Direzione generale per la cooperazione allo Sviluppo - Ministero degli affari esteri italiano, e, per quello che concerne l'attività d'installazione delle attività generatrici di reddito, dalla fondazione Fondiaria SAI.
Sei siti dedicati alla coltivazione di frutta, verdura e ortaggi saranno dotati di tecnologie di sfruttamento delle energie rinnovabili per migliorare la qualità e la quantità dei prodotti, promuovendo, attraverso la formazione e la pratica, una gestione razionale delle risorse idriche e del suolo. A beneficiarne saranno direttamente 60 agricoltori locali, indirettamente almeno 300 persone della comunità locale.
Un secondo gruppo di attività sarà dedicato alla formazione professionale di otto giovani per installare in laboratorio specializzato nella manutenzione meccanica di impianti fotovoltaici installati su 6 siti vegetativi dal progetto, ma usato anche ad Agadez nel contesto di altre iniziative.
Parallelamente un centinaio di donne saranno "istruite" in cinque settori specifici dell'economia familiare: cucito, tintura, cosmetici e profumeria, produzione di unguenti e saponi e piccola ristorazione.
Infine, nel corso del progetto, l'organizzazione si farà carico di sostenere gli sforzi della polizia per la raccolta e l'analisi dei dati relativi alle migrazioni in entrata e in uscita dalla città. In questo modo sarà possibile ricevere rapporti bisettimanali su questi flussi e di produrre informazioni di supporto alle decisione delle autorità locali.
Dopo il conflitto libico, le migrazioni
che erano cessate hanno ripreso nell’aprile 2012. Così nel periodo tra aprile 2012 e gennaio 2013, 1
2.775
migranti sono stati registrati all’ingresso di Agadez, in
direzione nord (Libia e Algeria), la maggioranza
dall’Africa dell’ovest (99,73%): in particolare si tratta di migranti provenienti da Ghana (28%), Mali (14%), Burkina Faso (14%), Nigeria (12%) e Senegal-Gambia (15%).
Spiega M. Rhissa Feltou, sindaco della comunità urbana d'Agadez: «Agadez, porta del deserto, è stata e resta un centro dei viaggiatori. Oggi, le ragioni che motivano certi viaggi sono cambiati,
ma la nostra comunità accoglie comunque ogni giorno molte persone di diverse nazionalità in partenza o provenienti dalla
Libia e dall’Algeria.
Il fenomeno dell’emigrazione dei giovani africani, e al tempo stesso l’avventura rischiosa della traversata del deserto con la
sua parte di tragedie e di drammi, è una delle principali preoccupazioni: Agadez rimane la porta aperta, il punto di
partenza o di passaggio obbligatorio verso questo “Eldorado immaginario”».
E ancora: «Dobbiamo lottare contro questo “male di
vivere” che inizialmente cresce ma dobbiamo anche lavorare per ridurre queste tragedie e garantire la pace e la sicurezza
dei nostri cittadini e viaggiatori.
Inoltre, il soggiorno di queste persone è una risorsa importante non trascurabile per l’economia locale. Molte attività si
sono sviluppate attorno a questi migranti, che sono liberi di viaggiare come sono nel rispetto della legge.
Garantire la sicurezza dei beni e delle persone necessita di atti quotidiani permanenti di coloro che sostengono la sicurezza
della città. E’ per questa ragione che tutte le norme devono essere rispettate e migliorate, e il flusso migratorio nelle città
deve essere meglio conosciuto e controllato».
«Ad oggi non vi è più attenzione dai servizi di sicurezza sulla sorveglianza e
sull’ordine degli arrivi e delle partenze di questi viaggiatori e migranti, nel deserto.
La nostra città inizia a lavorare con altri partner per migliorare il quadro degli uomini e delle donne responsabili per
la
sicurezza e la libera circolazione delle persone e delle merci.
Costruiamo queste nuove stazioni di polizia, la vicinanza alla città, al fine di garantire la sicurezza e per garantire la
tranquillità di tutti i residenti e viaggiatori. Abbiamo bisogno del sostegno di tutti per rispondere a questa sfida».
Alberto Picci