02/07/2010
La lotta ai “falsi invalidi” e i diritti degli “invalidi veri”. La fine degli abusi, la richiesta di non colpire i più deboli, l’accusa al Governo di fare cassa sulla pelle delle persone disabili. Contro la “stretta” alle pensioni di invalidità è stata programmata una manifestazione di protesta, a Roma, mercoledì 7 luglio: a convocarla sono state la Fand e la Fish (vedi le rispettive schede nel canale Volontariato organizzazioni, ndr.), le due realtà che raggruppano la gran parte delle associazioni delle persone con disabilità.
Si erano già date appuntamento per il 1° luglio, ma poi – evidentemente troppo presto – avevano sospeso la protesta dopo l’annuncio che le parti più chiacchierate del provvedimento sarebbero state cancellate. Così non è stato e la lotta è ancora aperta. Sul piatto le nuove regole per ricevere l’assegno mensile riservato agli invalidi civili parziali e l’indennità di accompagnamento. Una storia che si trascina, fra indiscrezioni, proposte, ipotesi e atti concreti, da quasi due mesi.
Le prime indiscrezioni sulle intenzioni del Governo risalgono al mese di maggio: “Bisogna risparmiare sull’invalidità”. Sono 2,7 milioni le pensioni che lo Stato paga ogni mese: una spesa di 16 miliardi di euro, un punto del Pil. E le indennità di accompagnamento – riconosciute a chi ha un’invalidità del 100% e non è autosufficiente – crescono a ritmi elevatissimi. Fra le ipotesi, oltre alla "caccia" ai falsi invalidi (sui quali la grande stampa quotidiana concentra la propria attenzione), c’è la proposta di legare l’importo dell’accompagnamento (480,47 euro al mese) al reddito.
Le associazioni insorgono ricordando che tale somma rappresenta l’unica forma di aiuto statale per le disabilità più gravi, peraltro di importo totalmente insufficiente a coprire le spese reali di assistenza. A fine maggio, nel testo definitivo della manovra, non c’è il temuto legame fra reddito e indennità di accompagnamento, ma il Governo decide di aumentare la soglia di invalidità necessaria per ottenere l’assegno di assistenza mensile (256 euro al mese per 13 mesi e solo se il reddito è inferiore al limite, molto basso, di 4.408,95 euro l’anno): dal 1° giugno 2010 le nuove pensioni saranno assegnate solo a chi raggiunge almeno l’85% di percentuale di invalidità, e non l’attuale 74%.
Le associazioni non ci stanno: l’aumento taglia fuori dagli aiuti intere categorie di “invalidi veri”, come le persone con sindrome di down, gli amputati di spalla e braccio, le persone sorde, numerose fra quelle con carenze intellettive e relazionali. La polemica sale di tono e si indirizza soprattutto contro il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, reo di aver più volte affermato che la presenza di un gran numero di invalidi mina la competitività del Paese: affermazioni definite gravissime anzitutto sul piano culturale.
I numeri della manovra vengono confutati da Fand e Fish, il risparmio ricavato dal provvedimento viene definito “irrisorio”. Lo stesso Governo lo valuta nell’ordine di 80 milioni di euro in tre anni. “Si può risparmiare di più e meglio senza colpire le persone deboli”, sostengono le due federazioni che concordano una strategia di mobilitazione comune, avviano contatti con parlamentari di maggioranza e di opposizione e fissano una manifestazione di piazza davanti a Montecitorio, il 1° luglio.
In Parlamento, con l’andare dei giorni, si aprono numerosi spiragli e anche dalla maggioranza si concorda sulla necessità di modificare la norma che alza i limiti per la pensione. Il 26 giugno Fand e Fish, sicure di averne ottenuto l’abrogazione, sospendono la manifestazione del 1° luglio, pur rimanendo in stato di mobilitazione per i tagli alla spesa socio-sanitaria di regioni e comuni.
Tre giorni dopo, però, gli emendamenti del relatore di maggioranza diventano ufficiali: l’aumento della soglia dal 74 all’85% sparisce solamente per chi ha un’unica patologia grave, ma rimane per chi ha un’invalidità causata dal concorso di due o più patologie, ciascuna delle quali di minore entità. Ai primi l’assegno resta anche sotto l’85%, ai secondi no. Misure molto più stringenti di quelle attuali sono poi proposte per l’indennità di accompagnamento, che verrebbe concessa solo a chi ha una incapacità permanente di deambulare e a chi non è in grado di compiere il benché minimo atto elementare della vita: l’anziano che si sposta con l’aiuto di un ausilio – per fare un esempio - verrebbe escluso dal trattamento economico.
Fand e Fish, ancora una volta, denunciano un intervento “brutale e devastante” e tornano all’attacco: protesta in piazza il 7 luglio. Nella speranza che il Parlamento bocci l’emendamento della maggioranza e la norma sparisca. Interamente, stavolta.
Stefano Caredda, redattoresociale.it