26/04/2012
Calcolare il valore sociale e, soprattutto, economico del
Terzo settore in Italia è sfida quanto mai difficile: ha provato a dare una
risposta efficace, seppur per certi versi inevitabilmente parziale, la ricerca
presentata da UniCredit Foundation in collaborazione con Ipsos. Prima di
entrare nel dettaglio, proviamo, se non altro, a inquadrare le linee guida
dell'analisi per scoprire alcuni numeri "sensazionali": sono oltre
650 mila, e la cifra è rivista senz'altro per difetto, le persone che lavorano
nel Terzo Settore per un giro d'affari che ruota intorno ai 67 miliardi di euro
(4,3% del Pil). Il campione intervistato, composto da 2.104 organizzazioni
operanti nel non profit, è così suddiviso: il 39% sono organizzazioni di
volontariato (odv), il 16% associazioni di promozione sociale (aps), il 19%
cooperative o imprese sociali, mentre fondazioni, comitati, enti ecclesiastici
e organizzazioni non governative pesano circa l'1% ciascuna.
I settori
L'insieme dei settori in cui operano le istituzioni non profit è
davvero variegato: mediamente, ogni organizzazione opera in almeno due
ambiti. Quelli prevalenti risultano essere il "culturale-ricreativo"
(45,2%), l'assistenza sociale (41,7%) e la sanità (28,9%). Interessanti i
rilevamenti effettuati sui destinatari delle attività: solo il 20% delle
organizzazioni è rivolto in maniera esclusiva a persone in condizioni di
svantaggio sociale; d'altro canto, il 78,6% del settore "produttivo"
lavora massicciamente per favorire l'inclusione sociale. Tra le categorie in
svantaggio sociale, buona parte delle attività delle organizzazioni non profit
interessa i disabili (25,3%), i malati (19%) e gli extraconunitari (18,8%). Ai
disoccupati è indirizzato l'11,2% delle "attenzioni".
Foto Thinkstock.
I settori
L'insieme dei settori in cui operano le istituzioni non profit è
davvero variegato: mediamente, ogni organizzazione opera in almeno due
ambiti. Quelli prevalenti risultano essere il "culturale-ricreativo"
(45,2%), l'assistenza sociale (41,7%) e la sanità (28,9%). Interessanti i
rilevamenti effettuati sui destinatari delle attività: solo il 20% delle
organizzazioni è rivolto in maniera esclusiva a persone in condizioni di
svantaggio sociale; d'altro canto, il 78,6% del settore "produttivo"
lavora massicciamente per favorire l'inclusione sociale. Tra le categorie in
svantaggio sociale, buona parte delle attività delle organizzazioni non profit
interessa i disabili (25,3%), i malati (19%) e gli extraconunitari (18,8%). Ai
disoccupati è indirizzato l'11,2% delle "attenzioni".
Le cooperative sociali
Il 93,3% delle cooperative, nello svolgimento della propria
attività di produzione ed erogazione di beni e servizi, ha partner
economici o
organizzativi: in particolare, Comuni (66%) e altre organizzazioni del
non profit (45%). Dato curioso: per chi ha risposto al sondaggio, i maggiori
concorrenti sul territorio sono altre organizzazioni non profit, segno di una
lotta serrata anche in questo ambito. Inoltre, oltre un terzo delle cooperative
sociali opera direttamente in concorrenza con aziende profit.
I volontari
Sono la vera forza trainante del Terzo settore: il 92,9%
delle istituzioni intervistate ha dichiarato di avvalersi di personale non
retribuito nelle sue varie forme (volontari, servizio civile volontario, ecc) a
fronte di un 37,3% che impiega anche lavoratori retribuiti. Il 98% si
caratterizza per la presenza di associati che mettono a disposizione il loro
tempo per il perseguimento degli obiettivi. La forza lavoro femminile primeggia
nelle istituzioni "produttive": un 62,3% che inverte completamente la
tendenza di un Paese in cui la netta maggioranza dei lavoratori sono
uomini. L'indagine evidenzia anche un'ampia presenza di lavoratori laureati,
comunque superiori al 40% del totale.
I contratti
La maggior parte dei lavoratori retribuiti impiegati nel
Terzo settore è assunta con contratti a tempo indeterminato (48%); i
collaboratori a occupazione prevalente sono il 34,9%; residuali i contratti a
tempo determinato, appena il 10,8%. Da una lettura attenta dei dati si rileva
che negli ultimi tre anni il 67% dei contratti di collaborazione è stato
rinnovato, il 16,4% è cessato, mentre il 16,6% è stato convertito in un
contratto di lavoro dipendente (4,6% a tempo determinato, 12% a tempo
indeterminato). Riguardo alle mansioni, il personale retribuito svolge per lo
più funzioni tecniche-operative (56,1%) mentre l'11,7% si occupa
dell'amministrazione: i dirigenti sono il 5,3%. Il 20,5% svolge infine funzioni
ausiliarie, cioè operai, portantini, autisti, addetti alle pulizie ecc.
Il personale non retribuito
Come detto, costituisce il fulcro del Terzo settore: basti
pensare che il 37,6% delle istituzioni intervistate dichiara di impiegare tra i
16 e 50 addetti non retribuiti, il 24% tra i 7 e i 15 e il 24,8% oltre 50.
Cifre davvero notevoli in un contesto a cui si aggiunge il dato in base al
quale i volontari sono presenti nel 90,4% delle istituzioni: di questi, il
40,6% dedica all'organizzazione almeno 5 ore alla settimana, il 23% ne presta 4
per un totale garantito di 63,6%. Per quantificare l'impatto economico del
volontariato è stato chiesto agli intervistati di ipotizzare il numero di
persone retribuite da inserire stabilmente nell'organizzazione (full time: 40
ore settimanali) per ricoprire le attività attualmente svolte dai volontari
presenti. In questa logica, nelle organizzazioni cosiddette di advocacy (come
le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale), per
sostituire un lavoratore full time mediamente servono 5 volontari, nelle
istituzioni produttive 7. In media i volontari svolgono sei volte il lavoro del
personale retribuito presente.
La soddisfazione del personale
Detto che per quanto concerne questa misurazione i dati a
disposizione sono probabilmente inferiori alle attese, è emerso che poco meno
del 90% delle organizzazioni che svolge questo genere di indagini riferisce che
più del 60% del personale si dichiara soddisfatto. Addirittura, nel settore
produttivo il 95% delle organizzazioni registra alti tassi di soddisfazione del
personale, segno che nonostante contratti mediamente più bassi rispetto a
quelli nazionali del mondo profit, si può trarre felicità da altre forme di
incentivo intangibili e motivazionali.
Il fund raising
Risorsa dalle enormi potenzialità, il fund raising rimane
per ora ancora un fenomeno di nicchia nel Terzo settore: solo il
17,4% delle organizzazioni intervistate, per lo più di grandi dimensioni,
dichiara la presenza di una struttura interna specificamente dedicata. Le campagne di raccolta fondi sono "sfruttate" in maniera
saltuaria, dirette per lo più a venire incontro a un'emergenza o concentrate in
alcuni specifici momenti dell'anno: il 18,1% ha comunque detto di svolgere tale
attività spalmata per tutto l'arco dell'anno.
Alberto Picci