17/04/2013
Da quando i ribelli Séléka hanno preso il potere quattro settimane fa, costringendo il presidente Bozizé ad abbandonare il Paese, la situazione umanitaria nella Repubblica Centrafricana non fa che peggiorare di giorno in giorno.
Secondo l'Unicef l'intera popolazione civile è interessata direttamente dal conflitto: stiamo parlando di 4 milioni 600 mila persone, tra le quali si annoverano più di 2 milioni di bambini.
"Le comunità locali hanno urgente bisogno di assistenza alimentare, protezione, cure mediche e servizi igienici", afferma un comunicato dell'Ufficio Onu per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA). "Inoltre esistono fondate preoccupazioni che nel Paese si stiano moltiplicando gravi violazioni dei diritti umani".
Gli interventi umanitari in corso sono stati, se possibile, resi ancora più difficoltosi dal clima di insicurezza generale, dall'impossibilità di accedere a molte zone e dai ripetuti attacchi delle bande armate agli stessi uffici delle organizzazioni umanitarie, che in molti caso hanno costretto all'evacuazione il personale e le équipe mediche.
Medici senza frontiere è presente nella Repubblica Centrafricana dal 1997. Da allora, in collaborazione con il ministero della Salute centrafricano, ha supportato sette ospedali e 38 ambulatori, fornendo assistenza sanitaria di base ma anche trattamento dell'Hiv e della Tubercolosi, programmi di vaccinazione e nutrizione.
Come per altri operatori umanitari presenti nel Paese, anche le strutture di MSF sono state oggetto di attacchi, rapine e saccheggi, causando notevoli perdite economiche in termini di attrezzature, farmaci, veicoli. Conseguenza ancora più grave, l'impunità di cui sembrano godere i gruppi armati ha lasciato la popolazione civile senza la risposta umanitaria di cui ha urgentissimo bisogno.
Per esempio, le équipe mediche di MSF sono state evacuate dalle città di Batangafo e Kabo, dove erano le uniche a prestare assistenza umanitaria: ciò significherà che nelle prossime settimane più di 130 mila persone della zona non riceveranno alcun aiuto né assistenza medica.
In altre località, come a Boguila, il personale internazionale è stato evacuato: l'ospedale è ancora operativo, anche se a regime ridotto. In altre aree ancora, come a Bossangoa, l'ospedale è stato saccheggiato, il personale del ministero è fuggito per paura e, a causa della instabilità generale, a MSF viene impedito l'accesso all'area lasciando i civili abbandonati a sé stessi. Nella capitale Bangui, invece, il Communautaire Hopital continua ad accogliere feriti degli scontri e delle sparatorie, anche se opera in condizioni critiche per la mancanza di acqua, energia elettrica e di personale medico qualificato.
"MSF è estremamente preoccupata per il benessere della popolazione", ricorda Sylvain Groulx, capo missione a Bangui. "Dobbiamo ricordarci che anche in tempi di pace la popolazione affronta grandi difficoltà quotidiane per sopravvivere. Anche prima dei recenti avvenimenti, i tassi di mortalità legati a malattie prevenibili e curabili (soprattutto la malaria) erano già sopra la soglia di emergenza in molte zone del Paese. In questo momento, l'insicurezza in corso sta portando allo stremo i loro già fragili meccanismi di sopravvivenza".
In una situazione già di per sé gravemente emergenziale, si è aggiunta la certezza che anche nella Repubblica Centrafricana, come nella maggior parte dei conflitti di questo martoriato continente, sia cresciuta la piaga dei bambini-soldato.
L'Unicef infatti afferma di aver raccolto prove inconfutabili che stia proseguendo il reclutamento e l'impiego dei minori da parte delle bande armate. Già prima della recrudescenza del conflitto nel dicembre 2012, l'Unicef stimava che oltre 2 mila minori fossero associati a bande armate di entrambi gli schieramenti, inclusi i gruppi di autodifesa.
"Arruolare minori è moralmente inaccettabile e costituisce una grave violazione del diritto internazionale", ricorda Souleymane Diabate, rappresentante Unicef nel Paese. "Abbiamo fatto appello alla nuova leadership del Paese per assicurare che tutti i minori associati a gruppi armati siano immediatamente smobilitati e protetti da successive violazioni".
"Le nuove autorità di Bangui", prosegue Diabate, "hanno iniziato a dimostrare l'intenzione di identificare e rilasciare i minori nelle fila dei gruppi armati. L'Unicef si impegna a lavorare con loro per assicurare che cessino immediatamente gli arruolamenti e per offrire sostegno a un processo di identificazione, verifica e reintegro dei bambini-soldato".
Nella Repubblica Centrafricana, dal 2007 a oggi sono stati rilasciati da milizie e gruppi armati oltre 1000 ragazzi e ragazzi. Unicef ha collaborato attivamente sul campo per offrire opportunità di recupero e reinserimento sociale. Ha lanciato inoltre un appello umanitario per un intervento di protezione dell'infanzia, durante la crisi, al quale la comunità internazionale ha risposto, come spesso accade, con orecchie da mercante: a oggi solo il 25 per cento della somma richiesta dall'Unicef è stato finanziato.
Francesco Rosati