16/03/2012
Un'immagine del Ciad orientale, colpito da una dura siccità. Foto Reuters (anche la copertina è dell'agenzia Reuters).
Il Sahel non può aspettare oltre. Occorre intervenire e presto per scongiurare una crisi alimentare di ampie proporzioni, proteggendo o ricostituendo, laddove necessario, i mezzi di sussistenza delle comunità che dipendono dal bestiame e dall'agricoltura.
La Fao lancia un appello per un ulteriore finanziamento di almeno 69,8 milioni di dollari per fornire assistenza a circa 790.000 famiglie contadine vulnerabili intrappolate in un ciclo di crisi alimentari ricorrenti, acuite dalla siccità che - da sola - ha ridotto di un quarto la produzione di cereali. Sono almeno 15 milioni le persone a rischio fame nel Sahel: 5,4 milioni di persone nel Niger (35% della popolazione); 3 milioni in Mali (20%); circa 1,7 milioni in Burkina Faso (10%); circa 3,6 milioni in Ciad (28%); 850.000 in Senegal (6%); 713.500 in Gambia (37%) e 700.000 in Mauritania (22%).
La crisi ha molteplici cause:come già accennato la prima è senza dubbio la prolungata siccità, ma non vanno dimenticati il rialzo dei prezzi, la scarsità di foraggio per il bestiame, una riduzione delle rimesse dall'estero da parte dei lavoratori emigrati, il degrado ambientale, le migrazioni e la povertà cronica. Intervenire è necessario per interrompere un circolo vizioso. È stato segnalato inoltre un notevole aumento di sfollati e rifugiati, tra cui circa 63.000 sfollati interni in Mali scappati a causa del conflitto in atto nel Nord del Paese, e altri 60.000 rifugiati nei paesi vicini.
Nel Sahel la produzione complessiva di cereali nel 2011 è stata in media il 25% inferiore a quella del 2010, ma in Ciad e in Mauritania il calo è stato del 50% rispetto all'anno precedente. In molti Paesi vi è stato anche un massiccio, seppur localizzato, calo della produzione (sino all'80%) secondo quanto riferisce il Food Crisis Prevention Network, un forum di Governi, donatori ed altre istituzioni che lavorano su questioni di sicurezza alimentare in Africa occidentale.
Una bambina nell'area del Sahel. Foto Reurters.
La crisi ha molteplici cause:come già accennato la prima è senza dubbio
la prolungata siccità, ma non vanno dimenticati il rialzo dei prezzi, la
scarsità di foraggio per il bestiame, una riduzione delle rimesse
dall'estero da parte dei lavoratori emigrati, il degrado ambientale, le
migrazioni e la povertà cronica. Intervenire è necessario per
interrompere un circolo vizioso. È stato segnalato inoltre un
notevole aumento di sfollati e rifugiati, tra cui circa 63.000 sfollati
interni in Mali scappati a causa del conflitto in atto nel Nord del
Paese, e altri 60.000 rifugiati nei paesi vicini.
Nel Sahel la produzione complessiva di cereali nel 2011 è stata in media
il 25% inferiore a quella del 2010, ma in Ciad e in Mauritania il calo è
stato del 50% rispetto all'anno precedente. In molti Paesi vi è
stato anche un massiccio, seppur localizzato, calo della produzione
(sino all'80%) secondo quanto riferisce il Food Crisis Prevention
Network, un forum di Governi, donatori ed altre istituzioni che lavorano
su questioni di sicurezza alimentare in Africa occidentale.
Area del Sahel: un contadino del Niger. Foto di Phil Behan/Wfp.
Che fare? «Parte della soluzione sta nel migliorare l'accesso dei
contadini e degli allevatori ai mercati locali, incoraggiare l'uso di
prodotti locali e applicare buone pratiche di riduzione del rischio per
rafforzare la loro capacità di resistenza alle emergenze», ha affermato José Graziano da Silva, direttore generale della Fao. Secondo
l'agenzia dell'Onu sono necessari almeno altri 75,4 milioni di dollari
per dare assistenza a circa 790.000 famiglie: finora sono stati
mobilitati solo 5,6 milioni.
I donatori che hanno fornito assistenza alla regione sono l'Austria, il
Belgio, il Brasile, il Fondo centrale d'intervento per le emergenze,
l'Unione Europea e la sua Direzione Generale per gli Aiuti umanitari e
la protezione civile, la Finlandia, la Francia, il Lussemburgo, la
Spagna, la Svezia, la Svizzera e gli Stati Uniti. «Purtroppo il
Sahel, in questi ultimi mesi, è stato gravemente e nuovamente minacciato
da una consistente diminuzione di risorse alimentari e dalla carestia
causata dalla mancanza di pioggia e dell’avanzare costante del deserto
che ne consegue. Esorto la comunità internazionale a considerare
seriamente l’estrema povertà di queste popolazioni le cui condizioni di
vita si stanno deteriorando. Desidero altresì incoraggiare e sostenere
gli sforzi degli organismi ecclesiali che operano in questo ambito», ha detto Papa Benedetto XVI, rivolgendosi ai rappresentanti della "Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel".
Gabriele Salari