Fiori di lana, per sfidare la povertà

In un centro sociale di Saranda, in Albania, tre suore instancabili insegnano alle donne come infeltrire la lana. Un successo. Che strappa alla miseria le famiglie del territorio.

31/08/2011
La città di Saranda, sulla costa albanese.
La città di Saranda, sulla costa albanese.

Saranda è una cittadina costiera nel sud dell’Albania, poco distante dalla Grecia. Fino agli anni ’90 era un gioiello, almeno così dicono gli anziani del luogo: una Taormina albanese. Poi, dopo il crollo del comunismo, una speculazione edilizia di proporzioni apocalittiche l’ha trasformata in un ammasso informe di palazzoni, investimenti dei nuovi ricchi (spesso diventati tali in modo oscuro). Le diseguaglianze sociali sono esplose, trasformando la povertà in disperazione per moltissime famiglie.

Il centro sociale Santa Marcellina.
Il centro sociale Santa Marcellina.


Tra due di questi brutti edifici sorge una casa bassa, di pietra, piena di fiori: è il Qendra Sociale Santa Marcellina, dove tre suore instancabili gestiscono una scuola materna e s’inventano ogni giorno nuovi progetti per strappare alla miseria le famiglie del territorio. Il più recente riguarda venti donne disoccupate, residenti in alcuni villaggi intorno alla città, dove si pratica un’agricoltura pastorale estremamente arretrata.

Un momento della lavorazione dei fiori di lana infeltrita.
Un momento della lavorazione dei fiori di lana infeltrita.


Qui la lana delle pecore viene gettata via perché non sanno che cosa farne. Le suore hanno avuto l’idea di insegnare alle donne una tecnica particolare: l’infeltrimento della lana. Le matasse, cardate e colorate, si lavorano con aghi speciali che arrivano dall’Italia e formine simili a quelle per dolci, creando fiori, stelle e cuoricini di feltro grezzo che diventano portachiavi, spille o decorazioni, da vendere nei luoghi turistici (in particolare Butrint, sito archeologico di grande richiamo distante una trentina di chilometri da Saranda), oppure in Italia, attraverso la Onlus e i circuiti del commercio equo e solidale.

Collane lavorate nel centro sociale di Saranda, in Albania.
Collane lavorate nel centro sociale di Saranda, in Albania.


Il primo corso, terminato a giugno di quest’anno, si può definire un successo: almeno dieci delle venti donne che hanno partecipato hanno avviato una piccola attività artigianale in casa (oltre ai fiori di lana, collane di stoffa e ricami) migliorando notevolmente la propria condizione. Il prossimo anno si ricomincia e…chi volesse dare una mano come volontario si faccia avanti!

Ida Cappiello
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Postato da Piunica il 31/08/2011 21:22

Volendo scrivere un articolo per un comitato di solidarietà locale sul tema della carità chiedevo anche a voi alcune note di risposta ad alcune mie domande. Se io qui cerco di vivere in modo più parco, senza abbuffarmi, senza sprecare, limitando i momenti di evasione, lasciando un pò di lavoro anche agli altri, accontentandomi del "giusto" guadagno eccccccc. è già fare la carità - e perchè ? - ad es. ai fratelli dell' Etiopia o dell'Equador ? Se io mangio un piatto di minestra in meno come questo appare poi sulla tavola magari a migliaia di km di distanza ? Ossia la carità è solo dare il di più o già rinunciando al di più questo appare sulla tavola dei fratelli ? Altrimenti parrebbe che solo "mandandogli" i miei eccessi io possa fare della carità. Un altra constatazione che faccio è che molti, poi, fanno la carità ma usando i soldi degli altri. Grazie della vostra risposta Giuseppe Belleri

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