24/05/2012
Foto Reuters
E' stato l'anno delle rivolte arabe, degli indignados, di proteste e manifestazioni che hanno toccato tutti i continenti. “Il 2011 è stato davvero prorompente”, afferma Amnesty International in occasione della presentazione del Rapporto annuale 2012 (il 50° Rapporto annuale nella sua storia).
«Il fallimento delle leadership è diventato globale nel 2011, anno in cui i dirigenti politici hanno risposto alle proteste con brutalità o indifferenza. I Governi devono dimostrare di possedere una leadership legittima e combattere l'ingiustizia, proteggendo chi è senza potere e limitando l'azione di coloro che il potere ce l'hanno. E' giunto il momento di mettere le persone prima delle aziende e i diritti prima dei profitti», dichiara Christine Weise, presidente di Amnesty International.
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Il bilancio delle violazioni dei diritti umani nel 2011 è riassunto in alcune cifre.
Restrizioni alla libertà di espressione in 91 Paesi, maltrattamenti e torture in almeno 101 Nazioni (soprattutto nei confronti di persone che avevano partecipato a manifestazioni antigovernative), condanne a morte eseguite in 21 Stati, condanne a morte emesse in 93 Paesi, oltre 18 mila prigionieri nei “bracci della morte”. Amnesty aggiunge altri dati: almeno il 60 per cento delle violazioni dei diritti umani documentate è legato all'uso di armi di piccolo calibro e armi leggere, almeno 55 tra gruppi armati e forze governative arruolano bambini come soldati o ausiliari, solo 35 paesi pubblicano rapporti nazionali sui trasferimenti di armi convenzionali, ogni anno 500 mila persone muoiono per atti di violenza armata.
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Più o meno in tutti continenti si registrano casi di repressione violenta delle manifestazioni antigovernative. E' accaduto nei paesi nordafricani protagonisti delle rivolte riuscite o mancate, ma acacde anche in America Latina, nell'Africa subsahariana, in Asia, nelle repubbliche ex sovietiche. Ci sono state persecuzioni contro le minoranze religiose ed etniche, sono stati colpiti giornalisti, blogger, dissidenti, difensori dei diritti umani, omosessuali.
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L'Europa finisce nel mirino di Amnesty soprattutto per quanto riguarda le politiche nei confronti dei migranti e dei Rom. Nelle pagine del Rapporto dedicate all'Italia si legge: «Sono proseguiti gli sgomberi forzati di comunità rom e la discriminazione nei loro confronti (…) Le autorità non hanno risposto adeguatamente all'aumento del numero di arrivi via mare di persone provenienti dall'Africa del Nord, violando i diritti umani di migranti, richiedenti asilo e rifugiati. Razzismo e discriminazione verso minoranze quali rom e migranti non sono cessati. L'Italia non ha istituito meccanismi efficaci per la prevenzione e la punizione della tortura e altri maltrattamenti».
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Fra le emergenze internazionali di queste settimane desta particolare preoccupazione la repressione in Siria. Dal marzo del 2011 fino all'aprile di quest'anno i morti in Siria sono stati 9.200 e Amnesty ha contato 350 casi di tortura mortale. Nel Rapporto Amnesty International registra, però, anche alcuni aspetti positivi: ci sono stati passi avanti verso l'abolizione della pena di morte, la scalfittura dell'impunità per i crimini del passato nelle Americhe e gli sviluppi della giustizia in Europa, con l'arresto del generale serbo Ratko Mladic, ora sotto processo per i crimini commessi nella ex Jugoslavia.
Roberto Zichittella