27/02/2013
«I giovani che dedicano parte delle loro vacanze estive al volontariato sperimentano l'avventura del rapporto con bambini e coetanei che si trovano in condizioni di povertà economica e affettiva». Don Gino Rigoldi è il presidente e l'ideatore dell'associazione Bambini in Romania che dal 1999 ha scelto di investire risorse nei nostri ragazzi per sensibilizzarli sui diritti dei minori, a ogni latitudine, con un'attenzione speciale a quelli abbandonati o esclusi socialmente.
I campi di solidarietà internazionale in Romania e Repubblica Moldova sono il fiore all'occhiello dell'"offerta" estiva dell'associazione che ogni anno riesce a coinvolgere almeno un centinaio di giovani volontari a partire dai 16 anni di età: «Dedicare del tempo ai soggetti più vulnerabili, animando le loro giornate, chiamarli per nome, significa accoglierli con gioia e con un po' d'amore contribuendo a restituire loro quella parte d'infanzia di cui sono privi».
Esperienze che comportano, a priori, una presa di coscienza di se stessi e degli altri sorprendente e per certi versi in controtendenza rispetto al quadro superficiale che indagini sociologiche e banalizzazioni da salotto televisivo dipingono: i campi di volontariato sono una realtà molto più radicata di quanto si pensi e l'entusiasmo dei giovani che decidono di parteciparvi è ciò che li rende davvero speciali. L'energia contagiosa che sprigionano nelle attività che coinvolgono i bambini ospiti degli orfanotrofi e nelle case gestite dall'associazione consente di superare barriere e diffidenze proprio lì dove la chiusura al mondo esterno e il "raffreddamento" apparente dei sentimenti sono diventati l'arma per difendersi da sofferenze quotidiane di vite segnate da mancanze e assenze.
Certo, bisogna arrivare pronti, perché per quanto non siano necessarie competenze specifiche nello svolgimento delle attività dei campi, l'impatto emotivo è comunque destabilizzante: a questo servono gli incontri di formazione obbligatori: un modo per conoscere la realtà che si va ad incontrare, per cementare il gruppo, per "dichiarare" punti di forza ed eventuali fragilità. In gergo si chiama "training", letteralmente allenamento: una metodologia interattiva facilitata da un "conduttore" non ha il compito di spiegare, rapportandosi attraverso comunicazioni frontali, ma accompagna il gruppo lungo un percorso fatto di attività e sperimentazioni dell'emotività di ciascuno così da testare il grado di consapevolezza della scelta che si compie.
Ogni giovane, in pratica, diventa il "critico" di se stesso: ed è questo probabilmente l'aspetto vincente dei campi di volontariato internazionale. È così che gli obiettivi sono davvero raggiunti: ottenendo la crescita personale di un volontario si è a metà dell'opera. Il viaggio è la logica conseguenza della strada che è stata imboccata e, in fondo, il punto di partenza per altre esperienze, forse diverse, magari anche lontane dal mondo del volontariato, ma sempre e comunque consapevoli.
Alberto Picci