19/10/2012
Volontari e detenuti durante le riprese del film "L'lutima notte" nella Casa Circondariale "Lorusso e Cutugno" di Torino.
Girare un film in carcere, coinvolgere i detenuti e parlare di giustizia. Ci sono almeno tre sfide nel progetto "L'ultima notte", affascinante avventura cinematografica che ha visto impegnato un cast di professionisti accanto a studenti universitari, volontari e detenuti del penitenziario Lorusso e Cutugno di Torino. Tutti insieme per recuperare una storia antica di 24 secoli eppure attualissima: quella del filosofo ateniese Socrate, ingiustamente condannato a morte dai suoi concittadini come blasfemo e corruttore dei giovani. In 28 minuti di immagini e dialoghi serratissimi scorre sullo schermo la vicenda di un uomo braccato da leggi inique eppure ancora innamorato della giustizia, un uomo che potrebbe facilmente mettersi in salvo ma che invece sceglie di vivere i suoi valori fino all'estremo e accettare la condanna, cosa che lo trasforma in un'intramontabile icona di libertà. Il cortometraggio ripercorre l'ultima notte trascorsa in carcere dal filosofo prima dell'esecuzione della condanna.
L'attore Bob Marchese interpreta il ruolo di Socrate.
Il set scelto per una storia così intensa è quanto mai significativo: è un carcere contemporaneo, cioè uno di quei luoghi invisibili per definizione, solitamente preclusi a telecamere e obiettivi. E' una realtà raccontata con grande rispetto, ma senza censure: sbarre, cancelli, celle e muri sono costantemente davanti agli occhi di chi guarda. Non si tratta di un braccio carcerario qualsiasi, ma del Polo Universitario per studenti detenuti presso la Casa Circondariale Lorusso e Cutugno, una realtà che offre anche a chi sta scontando una pena la possibilità di sostenere esami e laurearsi. Sei studenti di questa sezione (persone di età diverse che frequentano i corsi di Scienze Politiche e Giurisprudenza) sono diventati protagonisti diretti del racconto: per 12 giorni si sono trasformati in una troupe di ripresa, lavorando fra inquadrature, primi piani, carrellate e altri trucchi del mestiere. Non solo: hanno partecipato anche come comparse in varie riprese. Il film ha inoltre coinvolto alcune detenute del laboratorio "La casa di Pinocchio" (anch'esso attivo all'interno del carcere) che hanno realizzato i costumi di scena.
Da sinistra: il regista Mattia Temponi e l'attore Bob Marchesi durante una pausa delle riprese.
Tutto comincia nell'ottobre del 2010, quando due ragazzi, Federico Chiara e Giovanni Dissegna (entrambi studenti di filosofia a Torino e membri della Società Filosofica Italiana) conoscono il regista Mattia Temponi. E' l'inizio di un lungo lavoro in divenire, conclusosi solo pochi mesi fa. Perché proprio Socrate? «Eravamo interessati alla dimensione etica di questo personaggio. Socrate si pone in continuità con quegli esempi di donne e uomini che hanno difeso a qualunque costo i valori di giustizia, democrazia e libertà in cui credevano, pagando di persona, con la gogna mediatica e a volte con la vita – spiegano gli autori – Così abbiamo deciso di partire dalle fonti di questa storia, cioè i testi di Platone, in particolare Critone, Fedone e Apologia di Socrate. Ma abbiamo scelto di dare anche voce a "Le nuvole", commedia di Aristofane in cui, al contrario, il filosofo viene messo in ridicolo, descritto come un vecchio sofista attaccato al denaro».
Il risultato è di sorprendente attualità e alcuni termini come
"diffamazione" o "fango" non possono che evocare immagini contemporanee.
«La sola licenza che ci siamo concessi rispetto alle fonti – proseguono
Chiara e Dissegna – è quella di raccontare un Socrate più inquieto.
Laddove i testi antichi lo ritraggono sereno e granitico nella sua
determinazione, noi lo abbiamo immaginato in preda a pensieri e
fragilità, a tratti sul punto di cedere». Così quello interpretato da
Bob Marchese, attore navigato, è un Socrate umanissimo, che fa
riflettere e sa anche commuovere. Accanto a lui due giovani: Mattia
Mariani (nei panni dell'amico Critone) ed Eleonora Gusmano (personaggio
evanescente e insidioso).
E il rapporto con i detenuti? «All'inizio abbiamo dovuto scontrarci con alcuni muri burocratici – proseguono gli autori – poi superati grazie anche al sostegno degli operatori del carcere e dell'allora direttore Pietro Buffa, che si innamorò del progetto. I detenuti hanno aderito con passione e spesso ci siamo resi conto di quanto temi come giustizia, responsabilità e libertà abbiano il potere di toccarli nel profondo. Forse non emergeva a parole, ma era comunque tangibile».
"L'ultima notte" ha coinvolto un gran numero di persone. Soprattutto tanti giovani: oltre ai diretti protagonisti vi hanno lavorato volontari del carcere, assistenti sociali, docenti, ragazzi in servizio civile e perfino gruppi della scena pop rock che hanno composto le musiche. Il film è promosso dalla Società Filosofica Italiana, con il contributo del Miur (Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca) e del Rotary Club. Info: http://ultimanotte.wordpress.com
Lorenzo Montanaro