Cercando libertà, emergenza carcere

La Caritas lancia una campagna in favore dei detenuti. La maggior parte di loro è privata dei beni essenziali, dal dentifricio alla carta igienica.

21/12/2012
Uno degli scatti del volume a colori del cofanetto "Uhur-Libertà".
Uno degli scatti del volume a colori del cofanetto "Uhur-Libertà".

L'idea è di Francesco Delogu, architetto con la passione della fotografia, "incappato" nel carcere per qualche mese. «Un mondo che sentivo totalmente estraneo e del quale coglievo tutta l'angoscia», spiega presentando gli scatti dei suoi viaggi in Africa, in India, in America Latina. Il cofanetto Uhur-Libertà mette a confronto due mondi in due volumi. Uno a colori, con le luci calde del Sud del mondo, l'altro in bianco e nero con la vita dietro le sbarre. Francesco Delogu e il fotografo Stefano Montesi, autore degli scatti in bianco e nero, presentano a Roma i volumi spiegando che Uhur in lingua swahili significa proprio "libertà".

La vendita del cofanetto è il primo passo della campagna Restituiamo dignità ai poveri in carcere! avviata dalla Caritas di Roma. I proventi dei volumi (costo 50 euro) verranno infatti utilizzati per il Polo Penitenziario di Rebibbia, 2.700 detenuti in tutto. «Si tratta di persone prive di tutto», sottolinea il cappellano di Rebibbia don Sandro Spriano. «Arrivano in carcere così come sono e, se non ci fossero i volontari, resterebbero senza un cambio di slip, senza shampoo, senza sapone, senza carta igienica. Immaginate cosa può significare vivere in queste condizioni. La pena dovrebbe essere rieducativa e tendere alla risocializzazione del detenuto. Ma vivendo in queste condizioni si esce per forza più arrabbiati di prima e senza aver sperimentato una vita civile, con delle regole, con il rispetto della dignità di ciascuno. Non è vero che la pena non è certa, per i poveri - e in carcere sono la maggioranza - la pena è certa. Sono quelli che pagano di più».

In queste condizioni non sorprende se, dall'inizio dell'anno, i suicidi abbiamo superato i 60. Dal 2000 si contano 750 suicidi tra i detenuti, 96 tra le fila della polizia penitenziaria, 1.334 detenuti sono morti in carcere per cause "naturali". Per restare alle cifre ogni anno si registrano 1.100 tentativi di suicidio. Negli ultimi 20 anni la polizia penitenziaria è riuscita a salvare oltre 17mila persone dal suicidio.

La Caritas rilancia la richiesta di amnistia e indulto, con un ringraziamento a Marco Pannella «che sta rischiando la vita per questa causa» e, soprattutto, chiede misure alternative al carcere «che siano davvero in grado di reinserire queste persone nella società».

Il confanetto si può acquistare nel circuito delle librerie Arion o sul sito libreriearion.it

Annachiara Valle
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Postato da folgore il 25/12/2012 01:18

Postato da Libero Leo il 22/12/2012 00.25 No, non è quella percentuale (opinabile) che appare il problema delle carceri. Sarebbe sufficiente che gli stranieri passassero il periodo della pena nel loro paese d'origine (soprattutto se clandestini) e, vedendo le statistiche degli stessi nelle nostre patrie galere, si avrebbe un vero e proprio svuotamento degli istituti carcerari. Altro che "svuota carceri", sarebbe una vera e propria rivoluzione epocale!

Postato da Celso Vassalini il 23/12/2012 23:17

L’iniziativa non violenta del leader radicale On. Pannella, ha infatti un duplice obiettivo: quello di denunciare l’illegalità che caratterizza lo stato italiano in materia di giustizia e carceri, perlomeno in base al dettato costituzionale e alla giurisprudenza internazionale. Adesso il problema vero è l’amministrazione della giustizia italiana, che è deplorata. Uso questo termine perché anche il Presidente della Repubblica a detto ‘proviamo vergogna e orrore’ della situazione odierna, quindi mi permetto anche io di inserire questo elemento che è disdegno, della corruzione la peggiore – la corruzione intellettuale, la corruzione non democratica. L’amministrazione della giustizia è la causa e l’effetto di questa filosofia antica, che vede nel carcere e nella obbligatorietà dell’azione penale la garanzia della sicurezza sociale. Non è così, secondo me, neanche da un punto di vista empirico e sociologico. L’attuale codice penale è firmato da Mussolini e dal re. Paradossalmente questo codice è rimasto in piedi, mentre quello firmato da una medaglia d’oro alla Resistenza come Ministro Vassalli e da un luminare immenso come Giandomenico Pisapia, cioè il codice di procedura penale, è stato modificato, integrato, soppresso molto di più di quanto non lo sia stato il Codice penale. Noi cittadini in questi anni abbiamo sempre sentito parlare di ‘leggi ad personam’, perché si riferiva al primo ministro. Ignorando che l’intera produzione normativa penale è tutta ad personam, è stata tutta costruita nel Secondo Dopoguerra sulla base di eventi contingenti. Gli esempi della legge Fredda, la legge Valpreda, la Legge Tortora, eccetera. Una rivoluzione dell’intero sistema dell’amministrazione della giustizia, al di là e oltre la necessità attuale dell’amnistia, è davvero un condito sine qua non. Ma deve transitare per una riforma costituzionale, e anche la nostra Costituzione paradossalmente è più legata al codice fascista che all’ideologia antifascista dalla quale è stata partorita. Nella filosofia del diritto – dove io rilevo il vizio di origine di tutto questo sfascio, di cui sono vittime tutti, i carcerati, ma anche i poliziotti, le famiglie e anche i magistrati – qual è impasse proprio logica e filosofica? E’ che noi continuiamo a privilegiare il carcere, la limitazione della libertà personale, come elemento qualificante ed elemento tipico della sanzione penale. Noi siamo ancora fermi al vecchio sistema di pensare nella retribuzione, che sia proporzionata alla colpa, ma senza tener conto possa diventare crudele. Non solo in tal caso in contrasto con i principi di umanità delle leggi internazionali e della nostra Costituzione, non solo in contrasto con quello che dovrebbe essere il fine rieducativo che la stessa Costituzione sancisce, ma anche al punto da trasformarsi in pia illusione. Allora, le nostre prigioni adesso non sono sicuramente quelle della Prinz Alberecht strasse o della Geheime Staatspolizei, però c’è una cosa da dire: che effettivamente loro erano convinti, per la loro filosofia, che tanto più feroce fosse la pena e tanto più sicuro fosse lo stato. Sono stati clamorosamente smentiti proprio durante la seconda guerra mondiale quando, nonostante rigorosissime come la pene di morte per reati anche minimi come la Borsa nera, ciò nonostante la Borsa nera proliferava. No è l’entità della pena che può servire da deterrente. Noi però ci siamo filosoficamente fermati a questo principio: il carcere, le manette, le sbarre, sono l’elemento qualificante ed elettivo della sanzione penale. E finché questo rimane, non ne usciremo. E perché non ne usciremo? Perché noi abbiamo un tot di reati che continuano ad essere commessi, perché abbiamo una pen-proloferazione legislativa che contempla come reati che intasano i tribunali e le celle. Da questa filosofia antica, noi non siamo riusciti a estrapolare una novità che potrebbe quella esattamente opposta: il carcere dovrebbe essere l’extrema ratio, l’eccezione dell’eccezione nella sanzione. Saremmo facilitati a risolvere il problema se già da un punto di vista filosofico ci convincessimo che il carcere rischia di essere non solo inutile ma anche criminogeno, e quindi provocare una clonazione. Sono convinto e credo che chi esca dalle carceri, nello stato attuale in cui sono, esca e non dico ‘redento’ e rieducato – che è già una brutta parola che mi puzza di gulag – ma semplicemente ‘migliore’ di quanto è ‘entrato’. Condivido la lotta per la legalità del leader radicale e mi permetto di aggiungere: “Io mi preoccupo per le tue condizioni caro On Panella e mi occupo del mio paese della mia Città come so fare: come ogni cittadino dignitosamente ogni mattina lavorando per una grande famiglia di Cittadinanza europea. E’ questo l’impegno unico che possiamo garantirti, è questo l’impegno che sentiamo di saper fare. Se noi consideriamo l’amnistia come provvedimento shoc sotto questo profilo. Sarebbe una tale esplosione di energie nuove che rimetterebbero tutto in discussione e faciliterebbe tutta una serie di riforme che potrebbero venire da sé. Certo forse chiedo troppo sollecitare adesioni significative a liste elettorali che possano porre al centro del loro programma l’amnistia. Senza tuttavia dimenticare che su carceri e carcerati sono sempre intervenuti quasi tutti i papi dell'ultimo mezzo secolo, da Giovanni XXIII a Paolo VI, da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI. "Senza dubbio la necessità di una amnistia - si impone per affrontare il sovraffollamento delle carceri e per affrontare situazioni ambientali spesso insostenibili. Auguro un Sereno Natale, un Felice Anno Nuovo mia cara amata Città europea. Ancora AUGURI Celso Vassalini. di Brescia

Postato da folgore il 22/12/2012 21:10

@Libero Leo, essere in attesa di giudizio non significa, automaticamente, essere innocenti. Infatti sono considerati tali anche quelli che già in primo gradi siano stati giudicati COLPEVOLI, ma che non ancora hanno visto la sentenza dell'eventuale Appello.

Postato da Libero Leo il 22/12/2012 00:25

Finalmente! Finalmente leggo su FC un pezzo sulla situazione delle carceri in Italia. Aggiungo un numero che mi sembra impressionante e dice più di tante parole. Quasi il 50% dei carcerati è innocente, perchè in attesa di giudizio. E le statistiche ci dicono che circa il 50% di costoro risultano del tutto innocenti dopo molti anni di tribolazioni per loro stessi e per le loro famiglie. Se gli innocenti non fossero in carcere si risolverebbe immediatamente il problema del disumano sovraffollamento. Ci si fa belli nel favorire i poveri di paesi lontani, e non ci si accorge della situazione scandalosa e dolorosa che abbiamo in casa. Quali sono le cause di questa tragica situazione? Sarebbe interessante una indagine nella speranza che non venga confermata la causa che molti pensano: la dimenticanza. Pare che molti innocenti siano dimenticati in carcere. Se ciò fosse vero, la tragedia delle carceri collocherebbe l'Italia tra i pesi senza alcuna dignità. Perchè FC, che per certi problemi dimostra tanto coraggio, non promuove una indagine approfondita sulla situazione delle carceri italiane?

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