16/11/2011
Nulla di personale, beninteso: la professionalità e la varietà delle esperienze maturate dai possiili ministri della Difesa indicati dai giornali - il generale Rolando Mosca Moschini, il generale Vincenzo Camporini e l'ammiraglio Giampaolo Di Paola - sono fuori discussione. Il problema è di principio: «Il ministro della Difesa del Governo che sta per nascere dovrà predisporre
un nuovo modello di difesa che risponda alla nostra politica estera e
permetta un forte risparmio di denaro pubblico da destinare alla crescita del
Paese; per questo deve essere una figura super partes, quindi sicuramente non
un ex generale». La Rete
Italiana per il Disarmo, Sbilanciamoci e la Tavola della Pace indicano quelle che a loro avviso sono le priorità del nuovo inquilino di via XX Settembre. E giocano d'anticipo, esprimendosi con una nota congiunta prima che Mario Monti annunci la formazione del suo esecutivo.
«Il
Consiglio supremo di Difesa», dichiara Massimo Paolicelli, della Rete italiana per il disarmo, «ha invitato più volte il Governo uscente a
razionalizzare e riqualificare la spesa, tanto che nel 2009 è stata anche
costituita una "Commissione di alta consulenza e studio per la ridefinizione
complessiva del sistema di difesa e di sicurezza nazionale" della quale però
non si è saputo più nulla. Nel frattempo persistono sovrapposizioni e sprechi
con la contraddizione che siamo il decimo Paese al mondo per spese militari
ed il prossimo anno ci accingiamo a spendere, in momento di crisi nera per l'Italia, oltre 23 miliardi di euro per avere poi Forze Armate
sull'orlo dell'inefficienza».
Vincenzo Camporini, generale dell'Aeronautica (Como, 21 giugno 1946), è stato Capo di Stato maggiore della Difesa tra il 12 febbraio 2008 e il 17 gennaio 2011.
«La prima questione da affrontare»,
sostiene Giulio Marcon, coordinatore della campagna Sbilanciamoci!, «è
quella dell'acquisizione di nuovi sistemi d'arma. Siamo sicuri che il
nostro Paese abbia bisogno di 131 cacciabombardieri d'attacco, 121 aerei
da difesa, utilizzabili anche per l'attacco, 2 portaerei, centinaia
di elicotteri e numerosi blindati e carri armati? Il primo gesto che
ci aspettiamo dal nuovo ministro è quello di rinunciare all'acquisto
dei 131 cacciabombardieri F35, permettendo un risparmio di almeno
15 miliardi su 14 anni».
«L'altro quesito da affrontare», afferma
Flavio Lotti, portavoce della Tavola della Pace, «è quello riguardante
l'effettiva utilità di oltre 180.000 soldati, con una presenza maggiore di
comandanti rispetto ai comandati, ma con il paradosso di non riuscire poi ad
inviare inmissione all'estero più di 7.000 militari. E' sempre più evidente
chequesto sistema è stato voluto per giustificare lo spropositato
numerodi graduati: oltre 500 generali ed un numero doppio rispetto
alnecessario di marescialli, senza contare le conseguenze
direttesull'armamento. Bisogna ridurre drasticamente il numero dei
militari,permettendo agli esuberi di transitare, previa specifica
formazione,in altre amministrazioni dello Stato».
L'ammiraglio Giampaolo Di Paola (Torre Annunziata, 15 agosto 1944) è stato Capo di stato maggiore della Difesa dal 10 marzo 2004 fino all'11 febbraio 2008.
«E' evidente», conclude Francesco Vignarca coordinatore della Rete italiana per il disarmo, «che una cura dimagrante così pesante può essere prescritta solo da una figura
che non abbia avuto un coinvolgimento diretto con la struttura interessata.
Snellire il nostro strumento militare, non è solo necessario ma è
anche conveniente. Infatti come evidenziano ormai numerose ricerche a
paritàdi fondi investiti, si potrebbero creare rispetto alla Difesa e
al collegato comparto militare-industriale quasi il doppio dei posti
dil avoro nel settore delle energie rinnovabili e il triplo nel
settore dell'educazione».
In questo momento di crisi e di sacrifici
all'orizzonte per tutti (compito che pare il nuovo Governo andrà ad
assumersi) le tre organizzazioni sottolineano come le richieste portate
avanti congiuntamente sul tema della Difesa e delle scelte militari
del nostro Paese non dovrebbero stare a cuore solo di chi si impegna
da tempo per un percorso di disarmo, ma di tutti i cittadini italiani
a cui non si può far pagare - da soli - una crisi derivante anche
dalle scelte sbilanciate (anche in campo di spese militari) degli ultimi
anni.
Alberto Chiara