Disabilità, l'Italia è molto indietro

Nell'attenzione ai disabili l'Italia è indietro nella sanità, nell’inserimento lavorativo e nel sostegno scolastico. I dati di una ricerca di Fondazione Serono e del Censis

17/10/2012
La protesta di un gruppo di disabili che hanno occupato per circa mezz'ora la rampa di accesso all'autostrada Napoli-Salerno, il 24 settembre 2012, a Napoli (Ansa).
La protesta di un gruppo di disabili che hanno occupato per circa mezz'ora la rampa di accesso all'autostrada Napoli-Salerno, il 24 settembre 2012, a Napoli (Ansa).

Nella graduatoria delle risorse destinate alla protezione sociale delle persone con disabilità, il nostro Paese figura al di sotto della media degli Stati dell’Ue, pari a 531 euro: in Italia la sanità garantisce solo 438 euro pro-capite annui per servizi destinati a pazienti cronici e disabili, contro i 754 del Regno Unito e i 703 della Germania, mentre in Francia si sfiorano i 547 euro per abitante ogni 12 mesi. Soltanto la Spagna si colloca più in basso del nostro Paese, con 395 euro.

Dati sconfortanti, che emergono dalla ricerca "I bisogni ignorati delle persone con disabilità", presentata stamattina a Roma, promossa dalla Fondazione Cesare Serono e realizzata dal Censis. Le cifre più recenti attestano che le misure economiche erogate dall’Inps in favore di persone con ridotta o nessuna capacità lavorativa sono pari a circa 4,6 milioni di prestazioni pensionistiche: 1,5 milioni tra assegni ordinari di invalidità e pensioni di inabilità, 3,1 milioni per pensioni di invalidità civile, incluse le indennità di accompagnamento. Spesa complessiva? Circa 26 miliardi di euro annui.

«Ma il modello italiano rimane fondamentalmente assistenzialistico e incentrato sulla delega alle famiglie, che ricevono il mandato implicito di provvedere autonomamente ai bisogni delle persone con disabilità, di fatto senza avere l’opportunità di rivolgersi a strutture e servizi che, sulla base di competenze professionali e risorse adeguate, potrebbero garantire non solo livelli di assistenza migliori, ma anche la valorizzazione delle capacità e la promozione dell’autonomia delle persone con disabilità», osserva il Censis. Non solo: l’Italia risulta indietro nell’inserimento lavorativo dei disabili, lo confermano le cifre sui tassi di occupazione, fermi al 18,4% tra i 15-44enni e al 17% tra i 45-64enni. Meno di una persona su 3 con sindrome Down lavora dopo i 24 anni, 10 su 100 tra gli autistici con oltre 20 anni; meno del 50% delle persone con sclerosi multipla tra i 45 e i 54 anni è occupata.

Mentre la Francia – dove il 4,6% della popolazione (una quota simile a quella italiana) ha un riconoscimento amministrativo della propria condizione di disabilità – annovera ben il 36% di occupati tra i 45-64enni disabili. Inoltre, nelle scuole italiane le risorse per le attività di sostegno e di integrazione degli alunni con disabilità risultano «spesso inadeguate»: lo conferma il fatto che nell’anno scolastico 2010-2011 circa il 10%delle famiglie degli alunni con disabilità ha presentato un ricorso al Tribunale civile o amministrativo regionale, chiedendo un incremento delle ore di sostegno. Insomma, resta ancora molto da fare perché i diritti di chi ha una disabilità siano tutelati.

Laura Badaracchi
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