23/01/2013
Si chiama APP ma non ha nulla di tecnologico e non si scarica sugli smartphone. Si tratta, piuttosto, dell'acronimo di APpoggio per riPartire, una comunità educatica di tipo residenziale che accoglie donne con i loro bambini ideata e realizzata da Cbm Milano (Centro per il bambino maltrattato e la cura della crisi familiare). Obiettivo del progetto è sostenere madri che vivono situazioni di fragilità e difficoltà relazionali, economiche, derivanti da situazioni di maltrattamento e/o dipendenza così da accompagnarle lungo un percorso di recupero della responsabilità, delle capacità genitoriali, dell'autonomia. Il tutto in un'ottica che intende salvaguardare e costruire un'adeguata relazione con i propri figli.
È sempre più diffusa nella società scientifica l'opinione che non considera necessariamente antitetiche le concezioni di salute e malattia. O meglio, «La felicità e il benessere perseguiti dagli individui sono il frutto dell'equilibrio che il soggetto ha dentro, tra la dimensione delle aree di risorse e la dimensione delle aree di criticità». Aumentare le risorse su cui l'individuo può contare è la strada per migliorarne il benessere, non in un'ottica esclusiva della cura della patologia: «Molti studi, infatti, sottolineano come i soggetti, superata e curata la condizione di malattia, non si dicono comunque felici».
APP è partito da un dato statistico, oltre che, inevitabilmente, da un'inclinazione naturale dell'associazione: il Tribunale dei minori di Milano, nell'arco di tempo compreso tra il 2007 e il 2011 ha registrato un aumento del 4,1% dei collocamenti madre/bambino. D'altro canto, lavorare a stretto contatto con il territorio di appartenenza per sviluppare modelli di solidarietà civile è ormai una necessità che si concretizza nello scambio reciproco di aiuto e sostegno tra le persone.
Lavorando su questa cultura delle relazioni è nata l'idea di affiancare alla tecnica dei professionisti l'aspetto più informale della famiglia "tutor", punto di riferimento per la madre nell'organizzazione e nel confronto costante rispetto agli ambiti della vita quotidiana: «In particolare, l'attivazione di un contesto di rete di famiglie a sostegno dei nuclei mamma/bambino sembra rispondere a un duplice obiettivo: creare reti informali intorno a questi nuclei fragili, provenienti spesso da contesti caratterizzati da forte isolamento sociale, all'interno di uno scambio che, per le caratteristiche della prossimità, permette la percezione da parte delle madri di un sostegno più "prendibile". Dall'altro lato, risponde al bisogno intercettato di alcune famiglie che, vivendo una condizione di "maggiore fortuna", si mostrano disponibili a condividere parte delle loro competenze in un reciproco scambio che risponde a diverse motivazioni».
In questo quadro non poteva mancare la cura dell'aspetto psicoterapeutico: uno specialista, infatti, è chiamato a valutare le risorse genitoriali e intervenire sulle fragilità o sui traumi legati a esperienze pregresse sfavorevoli che hanno portato la donna e il proprio nucleo al collocamento in comunità su richiesta dell'autorizzazione giudiziaria.
Proprio in questi giorni le prime due mamme con bambini troveranno nella comunità di accoglienza un luogo di vita accoglienza e rispetto: per ogni nucleo l'equipe di operatori predisporrà insieme al servizio inviante un progetto individualizzata che va a potenziare le risorse emerse in fase di valutazione. «La condivisione di un luogo di vita favorirà l'elaborazione e lo scambio di buone pratiche, il superamento di situazioni ed elementi di criticità, un apprendimento che possa essere trasferito dalle esperienze messe in comune. La presenza e il monitoraggio del personale qualificato permetterà un'osservazione e un sostegno costante alla relazione tra la madre e i propri figli, nell'ottica del supporto e del sostegno delle risorse del genitore».
Altro obiettivo del progetto è progettare e costruire insieme con le mamme dei percorsi sostenibili alla dimissione dalla comunità con particolare attenzione per l'area lavorativa. È questa la ragione che ha spinto a concentrare in comunità strumenti di supporto educativo quali corsi di orientamento al lavoro, laboratori espressivi e gruppi di confronto, interventi mirati in base alle tappe evolutive dei bambini, il supporto all'apprendimento e sostegno ai compiti individuale e in piccolo gruppo, gruppi di confronto con le mamme.
Alberto Picci