12/04/2012
Laura Boldrini
Ogni anno con la primavera arrivano
anche i migranti via mare. Dov’è la novità?
Eppure, nonostante il costante ripetersi
dell’evento, tra le autorità si riscontra
sempre una certa sorpresa, come se ogni anno
ci si aspettasse il miracolo. Nonostante la
geopolitica ci suggerisca di stare allerta – una
perdurante instabilità in Libia, la violenza e
la carestia nel Corno d’Africa, lo Yemen stremato
dalla repressione del regime – questo
ostinato ottimismo non induce a predisporre
piani d’intervento e dunque ogni volta ci
si ritrova immancabilmente in “emergenza”.
A complicare le cose poi, quest’anno, ci sono
anche altri fattori sopraggiunti. Il centro
d’accoglienza di Lampedusa è chiuso da quando in settembre è stato dato alle fiamme
e questo significa che sull’isola non vi è
una struttura attrezzata per il primo soccorso
dei migranti. Anche uno sbarco di 80 persone
rischia di diventare un problema. Inoltre Lampedusa, con un’ordinanza del
ministero dei Trasporti del 24 settembre
scorso, è stata dichiarata “porto non sicuro”.
Il che non consente lo sbarco dei migranti
soccorsi in mare e impone a chi li ha salvati
di portarli fino in Sicilia, cioè di affrontare
altre sette ore di navigazione.
I corpi degli immigrati morti nella traversata del Canale di Sicilia sul molo di Lampedusa (Ansa).
Per le imbarcazioni commerciali questo
onere diventa molto pesante e in alcuni casi
potrebbe addirittura scoraggiare il salvataggio.
Per la Guardia costiera e la Guardia
di finanza, invece, significa sguarnire il mare
intorno a Lampedusa di mezzi navali e di
non essere in grado di intervenire in caso di
ulteriori necessità. Un’ordinanza che discrimina
poiché è rivolta ai soli migranti.
Dall’inizio dell’anno sono giunte sull’isola
circa 900 persone, in maggioranza somali ed
eritrei in cerca di protezione. Un numero modesto
se paragonato ai 22 mila dello stesso periodo
del 2011, ma tanto è bastato per farsi trovare
impreparati. Come d’abitudine, siamo alla
vigilia di una nuova “emergenza”.
Laura Boldrini, portavoce dell'Alto Commissariato Onu per i rifugiati