Tortura, Amnesty incalza l'Italia

Dopo 23 anni il nostro Paese non si è ancora dotato di una legge sulla tortura, nonostante abbia ratificato il trattato Onu. Per questo, dice Amnesty, si commettono ancora tanti abusi.

26/06/2012
Foto Ansa. L'immagine di copertina è tratta dal sito svizzero di Amnesty International.
Foto Ansa. L'immagine di copertina è tratta dal sito svizzero di Amnesty International.

La tortura dev'esere riconosciuta per quello che è: un reato a sé stante. Cosa che Roma non  ha ancora fatto. Così Amnesty rinnova l'appello all’Italia. E' il ventitreesimo che fa. I primi 22 sono rimasti inascoltati, naturalmente. In occasione della Giornata internazionale per le vittime della tortura, Amnesty International Italia rinnova la richiesta alle istituzioni del nostro Paese affinché si colmi il ritardo di quasi un quarto di secolo.

L’organizzazione per la tutela dei diritti umani chiede che finalmente s’introduca nel codice penale italiano il reato di tortura. Una lacuna legislativa che l’associazione definisce «grave, incomprensibile e dolorosa», e che evidenzia un’omissione rispetto a un obbligo che l’Italia si è assunta nel lontano 1989, quando ratificò la Convenzione contro la tortura delle Nazioni Unite.

Amnesty sottolinea che l’assenza del reato di tortura dal nostro ordinamento «implica effetti giudiziari precisi come la comminazione di pene inadeguate e la conseguente prescrizione dei reati minori che vengono applicati in sua vece».

L’organizzazione internazionale insiste sul fatto che questa inadempienza «è una delle principali cause della sostanziale impunità di cui hanno goduto i colpevoli, e della giustizia negata per le centinaia di vittime delle violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di polizia durante il G8 di Genova del 2001, in particolare all’interno del centro di detenzione di Bolzaneto».

In molti dei casi finiti in tribunale, spiega il documento di Amnesty, sono state chiamate in causa le responsabilità delle diverse forze di polizia per uso eccessivo della forza, inclusi i maltrattamenti in custodia, e per utilizzo improprio delle armi.

Ma non si tratta soltanto dei drammatici giorni di Genova. «Quest’anno», scrive l’associazione, «le sentenze della Corte di Cassazione hanno confermato la condanna per l’omicidio colposo di Federico Aldrovandi e quella per l’omicidio volontario di Gabriele Sandri, mentre sono in corso i procedimenti per la morte di Aldo Bianzino, Giuseppe Uva, Stefano Cucchi e Michele Ferrulli.

Tutto ciò conferma l’urgenza di misure legislative e istituzionali per prevenire le violazioni dei diritti umani da parte delle forze di polizia, tra cui – oltre all’introduzione del reato di tortura – un’adeguata formazione all’uso della forza e delle armi, l’adozione di misure di identificazione (come ad esempio codici alfanumerici) durante le operazioni di ordine pubblico e l’istituzione di un organismo indipendente per il monitoraggio dei diritti umani e per la prevenzione dei maltrattamenti in tutti i luoghi di detenzione».

L’appello, indirizzato al presidente del Consiglio e ai presidenti di Camera e Senato, è già firmato da 15.000 persone. Amnesty ha annunciato una manifestazione nazionale a Roma per il prossimo sabato 6 ottobre, insieme alle famiglie di vittime di violazioni dei diritti umani.

Luciano Scalettari
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Postato da folgore il 27/06/2012 10:36

Ma cosa ci azzecca il caso di Gabriele Sandri con la tortura? Mica era in stato di detenzione o custodia alle Forze di Polizia il giovane. Si è trattato di un caso su cui la Magistratura ha fatto piena luce, ma mai si è parlato, in questo caso, di tortura ma di omicidio volontario.

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