05/07/2012
Un'immagine della propaganda per le prime elezioni politiche nella Libia del dopo Gheddafi. Le foto i questo servizio, copertina inclusa, sono tutte dell'agenzia Reuters.
Sabato 7 luglio i libici vanno alle urne per le prime elezioni libere dopo gli anni della dittatura di Gheddafi. Ma nel Paese nordafricano la situazione non è per niente tranquilla. Pesano sul voto le tensioni etniche (la Cirenaica e le zone a maggioranza berbera reclamano una più forte autonomia) e una insicurezza diffusa.
Il titolo del Rapporto di Amnesty International pubblicato oggi è eloquente: “Libia: primato della legge o primato delle milizie?”. A maggio e a giugno una delegazione di Amnesty International ha visitato la Libia e ha verificato che centinaia di milizie armate continuano ad agire al di sopra della legge. In molti casi i membri di queste milizie si rifiutano di consegnare le armi o di arruolarsi nell’esercito e nelle forze di polizia.
Un immigrato clandestino proveniente dalla Somalia detenuto a Bengasi.
Secondo Amnesty le milizie continuano ad arrestare persone e a trattenerle in strutture detentive segrete e non ufficiali. I
prigionieri fuori dal controllo delle autorità nazionali sarebbero
ancora 4 mila. Amnesty documenta anche i segni di recenti pestaggi e di
altre violenze (alcuni assimilabili a vere e proprie torture) in 12 dei
15 centri detenzione dove ha potuto incontrare in privato i prigionieri.
A partire dalla fine di agosto 2011 sarebbero almeno 20 i casi di
morte in custodia a seguito delle torture da parte delle milizie.
«E’ assai triste che dopo così tanti mesi, le autorità non siano state
complessivamente in grado di allentare la stretta mortale delle milizie
sulla sicurezza del paese, con conseguenze drammatiche per la
popolazione», afferma Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty.
Roberto Zichittella