25/04/2012
Sono passati 26 anni dallo scoppio del reattore nucleare nella stazione ucraina di Chernobyl che terrorizzò e fece riflettere il mondo intero sul rapporto costi-rischi-benefici delle centrali. Nel giorno dell’anniversario della tragedia, il 26 aprile, Soleterre onlus, associazione impegnata da 10 anni nelle oncologie pediatriche di Kiev, rivendica il diritto alla verità e alla salute delle popolazioni colpite dai disastri nucleari riaccendendo in Italia i riflettori sul tema della sicurezza nelle centrali e delle conseguenze, in caso di tragedia, per i bambini. In Ucraina, infatti, l’incidenza sui più piccoli è ancora molto alta: nel 2004, l’ambasciata ucraina a Parigi pubblicava un report contenente dati preoccupanti a partire da quel 94% di liquidatori (personale addetto al recupero dell’area di Chernobyl) colpiti da malattie. L’anno successivo, a testimonianza del fatto che la tragedia dello scopppio del reattore ebbe conseguenze devastanti non soltanto per chi operò per la decontaminazione ma anche e soprattutto per la gente comune, da quella stessa sede l’ambasciata ha riconosciuto a quasi tre milioni di cittadini ucraini lo “status” di vittime della catastrofe.
26 anni dopo, Soleterre onlus intende ricordare alcuni numeri che valgono più di tante parole archiviati in anni di esperienza presso i reparti di oncologia pediatrica e neurochirurgia: tra il 1981 e il 1985 i bambini affetti da tumore maligno erano il 33,3%, negli anni successivi a Chernobyl la percentuale registrata si assestò al 46,7. Sconfortanti i rilevamenti del 2011: ora si parla del 68,7%, secondo quanto stimato dall’indagine “Tumori endocranici dei neonati in Ucraina: indagine epidemiologica” condotta da Yu. A. Orlov, primario di oncologia presso il reparto di neurochirurgia pediatrica dell’Istituto nazionale del cancro di Kiev.
L’associazione ricorda anche altri effetti devastanti della tragedia come la cosiddetta sindrome Chernobyl, una sorta di effetto paralizzante sulle nascite che ha portato a una diminuzione della popolazione infantile di 3 milioni di neonati nell’arco di 11 anni, tra il 1990 e il 2011. Il fenomeno è riconducibile al timore di possibili contaminazioni o malformazioni per i nascituri.
«Proteggere i nostri figli e garantire loro la salute - sostiene il presidente di Soleterre Damiano Rizzi - è un nostro dovere morale. La società civile italiana lo ha già capito ribadendo un fermo no al nucleare nel referendum dello scorso anno. Soleterre chiede che non si metta in discussione la volontà popolare e che la comunità scientifica si adoperi per stabilire i veri rischi di un incidente nucleare monitorando con trasparenza e onestà intellettuale quello che sta succedendo a Chernobyl e a Fukushima, affinché nessun interesse economico venga anteposto alla salute e al benessere degli individui».
Per gentile concessione di Soleterre e del fotografo Ugo Panella pubblichiamo anche una mostra fotografica che testimonia l’impegno della onlus nei reparti oncologico pediatrici di Kiev