02/08/2012
Per salvare la scuola ha dovuto comprarla: è la storia di
una direttrice nepalese che non se l'è sentita di abbandonare al loro destino
350 bambini tibetani scappati dal loro Paese con la "colpa" di
crescere nel rispetto delle antiche tradizioni della cultura a cui
ap
partengono. Tradizioni che il Governo cinese, violando i diritti umani, da
anni calpesta.
È tutto qui, nella sua disarmante drammaticitàil destino della
scuola Manasorovar, alle porte di Katmandu.
«Non è facile gestire bambini innocenti per l’intera giornata,
ma è il modo migliore per servire la nostra cultura e la nostra lingua», sottolinea
la direttrice
Tsultrim Sangmo. «Come
buddhista, essere un insegnante è una benedizione e guidare la scuola è un
grande onore. Non è un lavoro facile e richiede tutta la nostra compassione, il
nostro tempo e le nostre capacità. Più è difficile, più il risultato sarà
grande. Molti bambini si iscriveranno alla Manasarovar nei prossimi anni e noi
abbiamo il forte desiderio di salvare la scuola e realizzare così il desiderio
di molte persone. È una importante responsabilità, non è un business o un
lavoro per fare soldi. Questi bambini sono i futuri cittadini della nostra
nazione».
Alla base del progetto,
il sogno tramutato in realtà di chi crede fermamente nell'indissolubilità del
binomio cultura-libertà. L
a struttura ospita 350 tra i bambini tibetani più
poveri della comunità esiliata e fino a poco tempo fa il suo destino è stato
più che in bilico. Infatti, nonostante la puntualità nel pagamento dell'affitto
mensile dello stabile, il suo proprietario ha deciso di metterlo in vendita. Da
qui, la scelta coraggiosa della direttrice che ha deciso di acquistare
l'immobile impegnandosi in prima persona: non sopportava l'idea che a quei
bambini, il futuro del Paese, già duramente messi alla prova dalla vita,
venisse negato un futuro.
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È così che è entrata in gioco la
onlus ASIA,
coinvolta direttamente nel tentativo apparenemente impossibile di salvare la
scuola. Ma l'operazione di fund raising ha dato frutti forse addirittura
insperati:
dei 450.000 euro necessari, gli ultimi 60.000 sono stati raccolti in
extremis, con un ultimo sforzo, nel mese di maggio. La congiuntura economica
difficile non ha frenato la generosità dei donatori, grandi e piccoli, che
hanno restituto a quei bambini tibetani almeno una parte della dignità che la
cultura tibetana, oltraggiata, merita.
Alberto Picci