15/06/2012
Il distretto di East Pokot, a circa 300 km a nord di Nairobi, uno dei più poveri del Kenya, dove la gente ha fame per la grave carestia che ha colpito il Corno d'Africa, il primo dove sono stati consegnati gli aiuti della Comunita' di Sant'Egidio: 9 tonnellate di mais (Ansa).
I calcoli li ha fatti l'Oxfam, il network internazionale di organizzazioni di Paesi diversi che s'impegna per un maggior impatto nella lotta globale contro ingiustizie e povertà nel mondo. Ed ecco i risultati: se l’Euro dovesse fallire, la conseguente caduta del PIL dei Paesi europei determinerebbe una perdita di entrate per i Paesi meno sviluppati – la maggior parte nell’Africa Sub sahariana – pari a più di 20 miliardi di dollari, corrispondenti ai ricavi dalle esportazioni in Europa nell’anno successivo al fallimento. Non solo: i Paesi poveri potrebbero perdere ulteriori 10 miliardi di dollari dati dai minori investimenti del vecchio continente. Il crollo dell’Eurozona, dunque, aggraverebbe i problemi che i Paesi a basso reddito stanno già affrontando, compresa la carenza di cibo, la scarsità degli aiuti e la riduzione dei flussi di capitale come risultato della crisi economica.
Attivisti dell'Organizzazione Oxfam durante una dimostrazione a Città del Messico con le maschere dei principali leaders del G20, che si riunisce il 18 e il 19 giugno a Los Cobos (Ansa).
L’organizzazione internazionale Oxfam ha lanciato l’appello ai leader del G20 riuniti in Messico per discutere lo stato dell’economia mondiale: numerosi Paesi poveri potrebbero entrare in una spirale negativa di mancati guadagni dalle esportazioni, le loro economie verrebbero danneggiate e si aumenterebbe la pressione sulle già limitate risorse per i servizi essenziali sanitari ed educativi. Trenta miliardi di dollari sono circa un quarto del budget degli aiuti internazionali e costituiscono un ulteriore fardello per i Paesi poveri in un momento in cui 18 milioni di persone in Africa occidentale stanno per affrontare una crisi alimentare imminente. I donatori hanno finora fallito nella ricerca di fondi adeguati per aiutare coloro che saranno presto affamati.
L'Oxfam sta facendo anche pressione al G20 per promuovere la tassa sulle transazioni finanziarie (TTF, conosciuta in molti Paesi come RobinTax), al fine di costituire un fondo di aiuto per i Paesi più poveri colpiti dalla crisi economica, al fine di adottare misure indirizzate al cambiamento climatico e allo sviluppo. La Commissione Europea ha proposto l’adozione di una TTF per tutta l’Europa, che permetterebbe di raccogliere 71 miliardi di dollari (57 miliardi di euro) in un anno. Il G20 deve anche prendere urgenti provvedimenti contro la speculazione finanziaria sui beni alimentari, opporsi alle politiche che permettono la conversione del cibo in carburanti e migliorare i diritti dei contadini.
Tre anni fa, il G20 aveva posto le basi per una “crescita forte, sostenibile e duratura”. Ora i Paesi più ricchi s'incontreranno a Los Cabos avendo fatto ben poco per coloro che ora rischiano maggiormente di perdere i propri mezzi di sussistenza e di essere spinti sempre più verso la povertà. I flussi di capitale lordo verso i Paesi in via di sviluppo sono crollati da 309 miliardi di dollari nel 2010 a 170 miliardi nello scorso anno mentre, lo scorso anno, l’aiuto allo sviluppo è diminuito di 3,9 miliardi di dollari. Il portavoce dell'Oxfam, Price-Thomas, ha affermato: «Il G20 deve usare il suo potere per risolvere la crisi nel mondo al di là dell’Europa. Se lo faranno o meno è una scelta politica».
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