27/10/2012
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Il valore dell’umiltà è racchiuso nel suo
significato: deriva da humus, umile è
colui che è vicino alla terra. La quinta
assise di Terra Madre, che si tiene in
questi giorni (dal 25 al 29 ottobre) a Torino,
è innanzitutto l’incontro degli
umili del pianeta.
Cinquemila contadini,
pastori, pescatori, nomadi e produttori
del nostro cibo quotidiano convergono
da 150 Paesi per condividere esperienze,
per dialogare con le cittadinanze,
per riaffermare il valore e il senso di
sentirsi comunità, perché la fraternità
superi ogni steccato di ceto, di razza, di
credo politico e religioso.
Il cibo, energia per la vita, ha perso
negli ultimi anni buona parte della sua
valorialità, è divenuto merce, commodity.
Ridare valore al cibo significa comprendere
che l’alimentazione e l’agricoltura
prosperano quando sanno essere
espressione di una visione complessa
e olistica della vita. Non solo produzione
e consumo, ma sapienza e memoria,
conoscenza e spiritualità, pratiche
tradizionali e moderne tecnologie.
Terra Madre invita tutti a riflettere
sulle risorse del pianeta che non sono
infinite e, quindi, non debbono essere
sprecate. Lo spreco di cibo ha raggiunto
livelli insostenibili e immorali, sta inaridendo
le nostre coscienze, sta stressando
la fertilità dei suoli e la quantità di
acqua, è uno schiaffo per chi soffre di
malnutrizione. La natura di questa crisi
che stiamo vivendo chiede a tutti
noi nuovi comportamenti, nuovi paradigmi.
La responsabilità verso una nuova
cittadinanza non sopporta l’antagonismo
tra un consumo passivo e una
produzione tesa solo al profitto.
C’è una nuova strada da intraprendere
e ce la indicano gli umili di Terra Madre:
dialogo, comprensione, rispetto e
soprattutto cura e amorevolezza verso la
natura in tutte le sue espressioni. Chi vede
nei volti dei partecipanti
di Terra Madre un mondo
pieno di nostalgia, di
marginalità e di folclore
sbaglia. Quei volti rappresentano
la forza e il bisogno
di un nuovo umanesimo,
quanto di più moderno
si può chiedere in questi
tempi incerti.
Carlo Petrini