15/03/2012
L'esterno del Centro di identificazione ed espulsione di Roma (Cie). Foto
Spesso nei Paesi a democrazia consolidata, Italia compresa, si dà per scontato che il rispetto e il pieno godimento di tutti i diritti umani siano fuori discussione e che le violazioni siano un qualcosa che non ci appartiene. Per il nostro Paese, invece, la discriminazione razziale e le forme contemporanee di razzismo rappresentano problemi di grande attualità.
Esiste una Convenzione internazionale contro le discriminazioni razziali che l’Italia, con una ratifica che risale al 1976, s’è impegnata ad attuare su tutto il territorio nazionale. Il Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione razziale (Cerd) ha esaminato il nostro Paese pervalutare lo stato di applicazione di tali obblighi. Come nel 2008, ai lavori di Ginevra ha partecipato il Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani, la rete di 86 Organizzazioni non governative (Ong) e associazioni italiane creata nel 2002 per promuovere anche in Italia la costituzione, ancora mai attuata, di un’istituzione nazionale indipendente per i diritti umani.
Carola Carazzone, presidente del Vis (Volontariato internazionale per lo sviluppo) e portavoce del Comitato per la promozione e protezione dei diritti umani.
In occasione dell’esame del rapporto del Governo al Cerd, la delegazione
delle Ong italiane ha presentato a Ginevra un proprio rapporto. Dal
confronto è emersa un’Italia affaticata che cerca di darsi una nuova
dimensione politico-giuridica dopo anni in cui pessime leggi hanno
contribuito a sclerotizzare forme di discriminazione e razzismo, creando situazioni ingiuste e ingiustificabili.
Pensiamo al trattamento riservato ai bambini nati in Italia da genitori stranieri, ai
migranti respinti nei Paesi di provenienza, ai richiedenti asilo, ai
Rom, alle condizioniin cui versa chi entra nei Centri di identificazione
e di espulsione, ai discorsi di incitamento all’odio razziale.
Pensiamo all’educazione ai diritti umani e alla cittadinanza mondiale,
che nel nostro Paese non è ancora cultura diffusa.
Carola Carazzone