14/07/2012
Lo Yemen, oggi. Foto Msf. Nella fotografia di copertina: una seri di mine antipersona sequestrate e in procinto di essere distrutte (foto Afp/Getty images).
Una ventina di vittime in neppure un mese. Tante. Troppe. Le mine antipersona, più comunemente conosciute come mine antiuomo, continuano a ferire, mutilare, uccidere. L'ultimo appello-denuncia riguarda lo Yemen ed è stata lanciato da Médecins sans frontières, Medici senza frotniere (Mf): «Urgono maggiori sforzi da parte delle autorità e
delle organizzazioni specializzate. Nei giorni scorsi,
nel nostro centro di chirurgia d’emergenza ad Aden, abbiamo
constatato un forte aumento delle vittime di mine e di ordigni
inesplosi, provenienti dalle città di Jaar e Lawdar. Msf ha curato
19 pazienti in meno di quattro settimane, undici dei quali erano
bambini sotto i 14 anni».
Il coordinamento dell’associazione medico-umanitaria in Yemen è affidato all’italiana Claudia Lodesani, che specifica: «Delle 10 vittime del mese scorso, tre sono morte a causa delle ferite. La scorsa settimana, altri 9 pazienti sono arrivati dal governatorato di Abyan, tutti bambini, e molti erano in pericolo di vita». Msf, Premio Nobel per la pace nel 1999, lavora in Yemen dal 1986 con ospedali e presidi mobili e ha potuto osservare l’escalation di violenza a seguito dei combattimenti nel Sud del Paese, che negli ultimi mesi hanno costretto 100.000 persone a lasciare le proprie case. Il 13 giugno scorso, l’Esercito ha riconquistato Zinjibar e Jaar, due città del governatorato meridionale di Abyan, da circa un anno in mano al gruppo armato Ansar al Sharia, affiliato ad Al Qaeda. Secondo fonti governative, prima di ritirarsi, i miliziani avrebbero disseminato l’area di mine antiuomo.
Lo Yemen, oggi. Foto Msf.
Nonostante le squadre di sminamento abbiano sinora rimosso tremila ordigni, solo nelle ultime due settimane di giugno le esplosioni avrebbero causato ben 81 morti. Spiega Medici senza frontiere: «Centinaia di famiglie sfollate sono tornate nelle loro case dopo la fine dei combattimenti. Molte aree sono state però contaminate da mine e ordigni inesplosi e non vi è sufficiente consapevolezza da parte dei residenti circa la necessità di prendere le giuste precauzioni per evitare nuove vittime».
«Questi esplosivi rappresentano un rischio immediato e una minaccia per la vita delle persone, in particolare dei bambini che giocano inavvertitamente vicino alle zone interessate», prosegue Claudia Lodesani. Nel Paese, intanto, la tensione rimane alta. Mentre nel Sud proseguono gli scontri armati, ieri, nella capitale Sana’a, un attentato kamikaze ha causato 22 morti. L’esplosione, avvenuta di fronte all’ingresso dell'Accademia di polizia, è secondo il Governo attribuibile ai miliziani di Ansar al Sharia.
Mine. Foto Reuters.
Le mine antiuomo (più correttamente definite con un termine inglese anti-personnel landmines) sono state definitivamente messe al bando da un Trattato delle Nazioni Unite firmato in canada, ad Ottawa, nel dicembre 1997. Ad oggi gli Stati che l'hanno firmato e ratificato, facendolo diventare partte integrante dei loro ordinamenti giuridici, sono 160. All'appello mancano ancora 36 Stati, tra cui Cina, Egitto, India, Israele, Libano, Pakistan, Russia, Siria, Usa.
Stefano Pasta