20/11/2011
Un giovane volontario durante l'alluvione che ha colpito di recente diverse zone della Liguria (foto: Ansa).
Hanno più speranza nel futuro, sono impegnati politicamente, preferiscono il
merito alle raccomandazioni, guardano meno ai modelli televisivi negativi: sono
i giovani che hanno sperimentato forme di partecipazione e associazionismo, così
come li delinea il rapporto “Ftp. Forme in trasformazione della partecipazione”, frutto
di un’indagine realizzata da Arciragazzi e dal centro di ricerca Cevas
nell’ambito del progetto “Giovani Cittadini per Costituzione”, grazie a un
cofinanziamento del dipartimento Gioventù della presidenza del Consiglio dei ministri e al
supporto di un network di esperti e di sostenitori.
La ricerca ha indagato i
processi di partecipazione e cittadinanza di un campione di 1.410 ragazzi dai 14
ai 30 anni (l’83,5% studenti o studenti-lavoratori, età media 21 anni). È stato
così possibile studiare la relazione tra pratiche di associazionismo e
propensione ad assumere forme di responsabilità e impegno civico. Ne è
emerso che il 25% del campione fa parte di associazioni ricreative o culturali,
il 18% di organizzazioni di volontariato e il 14% è scout. C’è però un 18,4% che non ha mai fatto
esperienze associative. Sondando le aspettative verso il futuro, è risultato che
tra questi ultimi il 59,4% ha un basso livello di speranza, mentre tra chi ha
sperimentato oltre tre appartenenze ad associazioni solo il 35,4% ha punteggi
bassi.
Esiste inoltre una relazione inversamente proporzionale tra la
propensione ad accettare favoritismi e richiedere raccomandazioni e il numero di
esperienze di associazionismo: in sostanza, più si è impegnati, più si crede
nella meritocrazia. Allo stesso tempo, la partecipazione sembra annullare
l’effetto negativo dei modelli valoriali proposti dai media. Di riflesso, si
registra una relazione positiva tra partecipazione e impegno politico, con un
dato relativo all’astensionismo che si ferma al 7,8%. E sempre i giovani più
impegnati sono quelli che rischiano meno di essere attirati da derive xenofobe e
populistiche.
Un gruppo di giovani (foto: Thinkstock).
Partecipare fa rima con “autoefficacia”, cioè la capacità di tenersi lontani dai guai e prevenire le devianze. È testimoniato, ad esempio, il valore ridotto delle ubriacature tra i giovani più attivi. Questo vale anche nei “sottogruppi” svantaggiati per via di un basso livello di istruzione o della residenza in regioni del Sud, dove c’è una ridotta realtà associativa. Infine, il rapporto documenta un aumento del successo scolastico e un significativo miglioramento del livello culturale che va di pari passo con un maggiore impegno civico.
All’indagine hanno collaborato in qualità di membri del comitato scientifico referenti nazionali del’associazionismo giovanile, della rete nazionale Pidida, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dell’Unicef e docenti universitari. In qualità di partner hanno dato il loro contributo in fase di rilevazione e diffusione dell’indagine una rete di oltre 50 organizzazioni. Il rapporto completo è disponibile nei siti http://www.arciragazzi.it e http://www.cevas.it.
RedattoreSociale.it
Alberto Chiara