08/08/2011
Piccoli ristoratori crescono. Accade sotto il sole dell’Etiopia. E' una storia dagli aromi e dai gusti speciali. Ma è anche una storia di ingegno incrociato al buon cuore.
Coscette di pollo glassate al limone e mostarda con confit di cipolla di Tropea, accompagnate da pane injera: un classico dell’Etiopia. Spiedini di roastbeef speziato al berberé con pomodori passiti e chips di aglio e olio. Manioca come variante della patata in un accompagnamento di verdure miste, seguita da un’insalata di songino e mango; come dessert, crema catalana alle spezie e vaniglia del Madagascar. Il tutto innaffiato da bevanda senegalese allo zenzero e ananas e dal caffè Harar, arrivato direttamente dall’Etiopia. Non è il menù di un ristorante etnico alla moda di Milano o Roma, ma un “compito in classe” della scuola di cucina di Chefs Sans Frontières di Addis Abeba, la capitale del Paese africano.
Qui, presso un centro educativo dei missionari Salesiani, un gruppo
di ragazzi di strada ha cominciato a imparare un mestiere che permetterà
loro di vivere, valorizzando i prodotti alimentari del territorio e
partecipando allo sviluppo turistico del proprio Paese in modo
autosostenibile: in prospettiva dunque, non solo cuochi, ma
imprenditori a tutti gli effetti. L’idea è venuta a tre amici: Francesco
Liello, giornalista sportivo, Silvia Sonaggere, manager d’azienda, e
Touty Coundoul, senegalese sindacalista in Italia, accomunati dalla
passione per la buona tavola e dalla volontà di sperimentare un modello
assolutamente innovativo di cooperazione allo sviluppo. L’incontro con
lo chef Pietro Zito, ristoratore pugliese già impegnato nel
volontariato, ha fatto il resto, mettendo i tre in comunicazione con i
missionari.
Un pilastro di CSF, infatti, è non lavorare mai da soli, ma insieme
ad altre Ong ben radicate sul territorio, che si occupano già del
recupero dalla strada di bambini e ragazzi. Questo difficile compito
avviene sempre attraverso istituzioni locali, che da anni si occupano
dell’educazione scolastica e dei bisogni primari di queste persone. Il
personale delle scuole e dei ristoranti pilota è tutto locale, anche per
facilitare la comunicazione con i ragazzi, selezionati anch’essi sul
posto da operatori delle Ong. Gli chef italiani hanno il ruolo di
consulenti esterni: si recano in Etiopia periodicamente, per tenere
seminari e laboratori di cucina, per supervisionare l’avviamento di un
nuovo ristorante e, volendo, per donare nuove attrezzature o finanziare
progetti. I ristoranti di Chefs Sans Frontières, una volta avviati, dovranno vivere dei propri ricavi come un qualsiasi ristorante “a scopo di lucro”. Gli utili saranno tutti reinvestiti localmente, nel recupero di altri ragazzi di strada.
Ida Cappiello