30/08/2011
Il rito del té durante la festa per la fine del Ramadan organizzata ad Albanella dalle volontarie dell'Associazione "Aria Nuova Multiculturale" (fotografie di Romina Rosolia).
Teiere in argento, bicchieri di vetro dipinti a mano, piatti colorati intarsiati e un intenso odore di spezie per la cena di fine Ramadan organizzata da un gruppo di volontari col sostegno della comunità magrebina di Albanella, in provincia di Salerno. La penultima delle cinque preghiere del giorno i musulmani l’hanno fatta in piazza. Si sono rivolti ad Est, verso la Mecca, mentre le donne hanno iniziato a preparare la cena.
Gli uomini preparano il buffet.
Per un giorno il pianerottolo d’ingresso della scuola del paese si è
trasformato in cucina, con tutto l’occorrente per realizzare il menù
arabo: pane tipico con zuppa di verdure, riso, carne al vapore
aromatizzata, uova sode e datteri e per finire dolci fatti a mano con
cocco e marmellata. A tavola niente alcool ma rigoroso thè alla
menta. A preparare il buffet, a distribuire la cena e a disfare i tavoli
sono stati gli uomini che a mezzanotte, puntuali come un orologio,
hanno pulito e sbaraccato via ogni cosa.
Le volontarie dell'Associazione "Aria Nuova multiculturale" di Albanella, provincia di Salerno.
«La comunione a tavola fra cristiani e musulmani è stato un segno
importante per tutti coloro che nutrono ancora pregiudizi verso
tradizioni e religioni diverse dalla propria», dice Fiorella Orazzo
Cerruti, 24 anni, una delle volontarie nonché insegnante della scuola di
italiano per stranieri, un’iniziativa che l’Associazione Aria Nuova Multiculturale ha avviato da quest’anno. Due le classi, una maschile l’altra femminile, e circa una trentina gli iscritti. Fiorella studia lingua araba all’Università Orientale di Napoli e ha vissuto tre mesi in Siria,
per un corso di specializzazione all’Università. «Mi sono trovata
benissimo - dice - . La popolazione è stata così calorosa e cordiale con
me. Vorrei che anche qui fosse lo stesso, che tutti capissero quanto è importante integrarsi, il punto di svolta per essere buoni cristiani così come buoni mussulmani».
Il "jabador" è un vestito elegante indossato dai musulmani in occasione di feste e matrimoni.
Incrocio di culture è infatti, il nome che i volontari hanno dato
alla festa di fine Ramadan. «Un modo - conclude Fiorella - per rendere
conviviale la fine del loro digiuno». L'auspicio di Tareq Osfawi,
marocchino, 28 anni, da cinque in Italia, è che «questa festa possa
essere il punto di partenza per un'integrazione vera e per
l'abbattimento dei muri che ancora oggi separano tutte le comunità di
immigrati dagli italiani».
Romina Rosolia