La storia, guerra fredda e incubo nucleare

11/04/2013

Accade cinquant'anni fa. Siamo alla vigilia di cambiamenti destinati a diventare storia, rivoluzionando anche la vita quotidiana: capelli più lunghi, gonne più corte, una crescente inquietudine sociale che diventa spesso aperta protesta. Il mondo è diviso in due blocchi. Si combatte in Oriente, in Vietnam ma non solo. Conflitti e tensioni anche in Africa e in America latina. Su tutto e su tutti l'incubo nucleare.

L'11 aprile 1963 vede la luce la Pacem in terris. E' l'ottava enciclica di papa Giovanni XXIII, l'ultima di Angelo Roncalli. 
Il Pontefice si rivolge a «tutti gli uomini di buona volontà», credenti e non credenti, perché la Chiesa deve guardare ad un mondo senza confini, tanto meno diviso da muri o cortine, e non appartiene né all'Occidente né all'Oriente. «Cerchino, tutte le nazioni, tutte le comunità politiche, il dialogo, il negoziato». Bisogna ricercare ciò che unisce, tralasciando ciò che divide.

La Pacem in terris individua quattro punti cardine per orientare l'umanità sul cammino della pace: la centralità della persona inviolabile nei suoi diritti, ma titolare anche di doveri;   il bene comune da perseguire e realizzare ovunque, sulla terra; il fondamento morale della politica; la forza della ragione e il faro illuminante della fede. Poi, certo, anche il disarmo e relazioni tra i popoli basate sul dialogo e sul negoziato, non su rapporti di forza.

La Pacem in terris è una delle encicliche più famose e conosciute. Suscita una molteplicità di reazioni positive, anche fuori della Chiesa cattolica.  A Londra, numerosi deputati anglicani presentano una mozione di apprezzamento per l'opera di papa Giovanni. Il Segretario generale delle Nazioni Unite, U Thant, saluta la Pacem in terris con una dichiarazione piena di entusiasmo: due anni dopo, porta l'enciclica all'Onu, promuovendone lo studio con un ciclo di conferenze a livello internazionale. L'agenzia di stampa sovietica Tass pubblica una sintesi dell'enciclica commentando soprattutto i passi dedicati al disarmo. Il presidente americano John Kennedy si dichiara fiero del documento e «pronto a trarne lezione». Il Washington Post scrive:  «Giovanni XXIII ha raccolto il voto dei popoli, cosicché la Pacem in terris non è solo la voce di un anziano prete, né quella di un'antica chiesa, ma la voce della coscienza del mondo».

Alberto Chiara

a cura di Alberto Chiara e Antonio Sanfrancesco
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Postato da nicolag il 14/04/2013 20:15

@ Andrea Annibale . Un documento più recente, purtroppo poco pubblicizzato dagli stessi ambienti cattolici - chi sa perché - è quello redatto dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace : Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’autorità pubblica a competenza universale del 24 ottobre 2011, che richiama sia la Pacem in terris, che la Caritas in veritate di Benedetto XVI. Pur non trattando specificatamente il problema della Pace indica la strada da perseguire affinché equità, giustizia e sviluppo reale attenuino le disuguaglianze a livello interno e internazionale, che spesso generano i conflitti. Il contestuale monitoraggio e controllo a livello mondiale di un settore economico che ha interesse a che i conflitti ci siano e cioè quello della produzione e commercio delle armi diventa, purtroppo, il più delle volte difficile da attuare. Il documento citato è pubblicato sul sito: http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/index_it.htm

Postato da nicolag il 12/04/2013 14:36

Riproporre Giovanni XXIII, la sua Enciclica Pacem in terris, il Concilio Vaticano II vuol dire riproporre alcune positività di gran rilievo della Chiesa Cattolica. Benedetto XVI e Papa Francesco fanno ora ben sperare affinché ci sia più Spiritualità e meno Materialità, in sostanza, più autenticità e testimonianza evangelica nella Chiesa. Il Mondo, disorientato, ne ha bisogno !

Postato da Andrea Annibale il 12/04/2013 12:24

Ho appena finito di leggere su internet la Pacem In Terris lettera enciclica di Papa Giovanni XXIII. Sono rimasto colpito per la ricchezza dei temi trattati. Non voglio scrivere un intervento-commento teologico perché non ne ho la competenza. La integrazione sempre maggiore tra le economie degli Stati è progredita ulteriormente da quando questa lettera enciclica è stata scritta. Come ha scritto Ernesto Olivero e altri assieme a lui, si sente il bisogno di attribuire all’ONU e agli altri organismi sovranazionali esistenti o da studiare poteri sempre più penetranti perché il valore della pace prevalga. Come ricorda sant’Agostino, gli Stati, tolta la giustizia, diventano strumenti di ladrocinio. Questa amara constatazione mi ha colpito perché descrive bene la causa genetica di molte guerre cui assistiamo. Preghiamo e speriamo che, con l’aiuto di Dio, il negoziato si sostituisca alla guerra e che si possa giungere a quel disarmo che la Pacem In Terris stessa auspica come utopia praticabile per il destino dell’umanità. Il disarmo però, a mio avviso, non può essere unilaterale ma progredire sotto l’egida dell’ONU, di un organismo autorevole cioè che controlla e impone misure adeguate perché, almeno (obiettivo minimo) non si giunga alla catastrofe nucleare. Facebook: AAnnibaleChiodi; Twitter: @AAnnibale.

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